“Non puoi prepararti a risolvere un problema se non lo vedi arrivare”
Il 2020 sarà ricordato a lungo e
da molti comparti sociali ed economici. Abbiamo imparato a conoscere parole
come “coronavirus”, “SARS Covid 2” e “Covid-19”. Come purtroppo capita sempre più spesso, o forse è solo
più visibile attraverso i social, molti italiani sono diventati virologi,
infettivologi e analisti comunicativi esperti in complottistica internazionale.
Negli scorsi mesi – in barba a qualsiasi disposizione legislativa sulla privacy
– Le E-mail, WhatsApp, Messenger e qualsiasi altro canale a disposizione sono
stati invasi da video e articoli che venivano venduti come verità assolute, per
poi essere smentite dopo poche ore. Abbiamo assistito, in un momento in cui la
nostra attenzione cercava di rimanere focalizzata sulle informazioni importanti,
a casi di analfabetismo funzionale e
Effetto Dunning Kuger da manuale
purtroppo. Cercare (e trovare informazioni per quanto possibile corrette) è
diventato sempre più difficile.
Tutto questo in uno scenario
senza precedenti dal punto di vista sociale. Uno scenario dove la popolazione è
stata chiamata, attraverso la formula del DPCM
(Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), a rimanere chiusa in casa.
Una situazione inusuale. Difficilmente immaginabile solo poche settimane prima.
Nonostante tutto questo, il
popolo italiano, sottoposto per primo in Europa alla furia “comunicativamente
visibile” del Covid-19, ha risposto con una compattezza notevole.
Una doverosa precisazione: non
tratteremo in questo articolo le ricadute sanitarie, in termini di sistema e di
vittime causate dal virus.
Dal punto di vista economico, il
Paese si è apparentemente fermato per circa due mesi, con conseguenti ricadute
economiche.
Tra i vari comparti che hanno
subito conseguenze impattanti, a causa del Covid-19, possiamo sicuramente
annoverare quello sportivo. Lo sport italiano, in questo contesto di crisi è
stato molto meno compatto del popolo di appartenenza.
I campionati non si sono fermati
nello stesso momento, e anche le decisioni sono state diverse. Tra queste
citiamo la Federazione Italiana Rugby
(F.I.R.) e la Federazione Italiana
Pallacanestro (F.I.P.) che hanno chiuso (e terminato) il campionato 2020 in
anticipo.
La Federazione Italiana Gioco Calcio (F.I.G.C.) ha fermato campionato
e partecipazione alle coppe successivamente e in modo meno definito.
Nell’incertezza pre-Covid si è scelto di “andare avanti”, prima con il pubblico
negli stadi (vedi incontro di Champions League Atalanta – Valencia del 19
febbraio giocato a Milano) e successivamente a porte chiuse prima della
sospensione.
Altro caso emblematico è lo
slittamento di un anno dei giochi olimpici estivi di Tokyo 2020, che si terranno nello stesso periodo nel 2021 sempre con
la dicitura Tokyo 2020 per motivi di diritti sul marchio e merchandising.
Non sta a noi valutare le
sensibilità e le scelte delle singole decisioni in questo contesto. Un contesto
che, come già indicato, è da
considerarsi a tutti gli effetti come straordinario e confuso.
Poniamo l’attenzione sulla
confusione che è stata presente prima dell’emergenza sanitaria e che è
proseguita anche durante la stessa.
Per prepararsi ad uno scenario di
crisi bisogna vederlo arrivare. Almeno immaginarlo. Bisogna prevedere lo
scenario utilizzando il maggior numero di informazioni “corrette” disponibili.
Purtroppo questa volta non è stato possibile. La vastità delle fonti, unite a
informazioni non corrette da parte della stampa accreditata come ufficiale,
unita ancora alle dichiarazioni politiche che a pochi giorni dal lockdown dichiaravano l’Italia pronta
all’emergenza in arrivo (1), non ha permesso alla popolazione (e ai tecnici) di
prepararsi all’impatto con questo scenario di crisi. Difficile programmare
marketing e comunicazione per chi si fa parte dello sport business.
Le prime azioni comunicative si
sono suddivise in due categorie:
1) Azioni comunicative per
informare circa l’adeguamento alle norme dei DPCM
2) Azioni relative a donazioni
In relazione alle seconde
attività, abbiamo visto azioni che andavano dalla donazione finanziaria
all’ospedale locale, alla consegna di mascherine, consegne di beni di prima
necessità ai tifosi tesserati più anziani e uova di pasqua ai più piccoli da
partedi società sportive. Tutto a favore di telecamera.
Azioni concrete, supportate da
azioni di comunicazione tali da rendere sempre più complesso il delicato
equilibrio tra CSR (Corporate Social Responsability –
Responsabilità Sociale d’Impresa) e Greenwashing.
Tuttavia, è indubbio, che il
supporto fornito da questi contributi abbia dato un aiuto del quale sul
territorio c’era un oggettivo bisogno. Anche lo sport (e molti sportivi
indipendenti) hanno dato il proprio contributo concreto.
Lo sport si è già trovato a dover attuare strategie di crisis communication. Tra scandali
sessuali, doping e crack finanziari, gli uomini di comunicazione dello sport hanno
svolto molto lavoro in passato. Si pensi al caso Tiger Woods (2) nel golf ad
esempio. I casi Ben Johnson (3) nell’atetica
e Lance Armstrong (4) nel ciclismo.
Il caso Parmalat (5) con le ricadute
sul Parma Calcio e ancora il caso Calciopoli.
Non solo, gli specialisti della
comunicazione di crisi, sono intervenuti spesso anche per “mettere un cerotto”
su delle uscite mediatiche infelici da parte di singoli atleti. È accaduto un
caso anche in questo periodo che ha visto protagonista un giocatore dell’Inter e che ha aumentato il carico di
lavoro dell’ufficio comunicazione della propria società asserendo una presunta
massiccia presenza del Covid-19 nello spogliatoio neroazzurro già a gennaio (6)
. Un pensiero di vicinanza ai colleghi che hanno dovuto gestire le conseguenze
di questa infelice uscita. Siamo sicuri che ne avrebbero volentieri fatto a
meno.
La comunicazione di crisi non è
una novità nello sport. Ma quello che è diverso in questo caso è lo scenario
generale e tecnico.
Per generale intendiamo proprio
il fattore legato alla presenza una pandemia globale e che quindi è diventata
anche di prossimità.
Per tecnico invece ci riferiamo
alla sempre maggiore difficoltà di poter governare la comunicazione
istituzionale in un contesto in cui le fonti e le informazioni (vere, false o
faziose) diventano infinite. Incontrollabili. Si pensi che il governo italiano
è stato costretto a creare una task force contro le fake news. (7,8)
Il periodo del Covid-19 è un
interessante case history per quanto
riguarda il marketing dello sport e
l’applicazione delle strategie di crisis communication applicate ad esso.
Proprio per quella parola che è tanto cara a chi si occupa professionalmente di
marketing: Strategia.
Una delle caratteristiche per la
stesura di una corretta strategia è la ricerca delle informazioni e
l’inserimento di queste nello scenario prima teorico e poi operativo.
Ovviamente informazioni corrette, spesso di primissima mano.
Al momento della stesura di
questo articolo (7 maggio 2020), il Ministero per le Politiche Giovanili e lo Sport
non ha ancora dato linee guida e date per un’eventuale ripresa del campionato
di calcio in Italia. Un altro esempio può essere quello del Giro d’Italia di ciclismo, che da
maggio è stato posticipato ad ottobre (9-10), con una settimana in
sovrapposizione con la Vuelta di Spagna.
In questo caso, gli organizzatori di RCS
hanno cercato di governare il progetto sportivo e la comunicazione
posticipandolo su un periodo più lungo. Nella speranza che l’emergenza finisca
o si ridimensioni in modo massivo.
Gli approcci sono diversi, ma
quello che manca ancora sono informazioni corrette da parte della politica. Mai
come un casi come questi il “governo dello sport” assume la sua forma più
visibile.
I social hanno dimostrato ancora una volta di essere vetrina per gli
sportivi, che proprio grazie a questi hanno condiviso sessioni di allenamento e
videochat con il pubblico.
In questo scenario, al di là
della comunicazione di crisi, si sono dovute trovare delle nuove forme di
visibilità da fornire ad atleti e sponsor.
Qualcosa che avvicinasse società e atleti al pubblico.
I campionati di Formula 1 e il Motomondiale si sono spostati dalle piste ai divani. Attraverso il gaming, i veri piloti si sono sfidati
sui circuiti virtuali, gli stessi dove di solito scaricano centinaia di
cavalli.
Sfide seguitissime attraverso le dirette sui
social. Anche il ciclismo è entrato
in questo nuovo “mercato”, con un Giro d’Italia virtualea cui hanno partecipatoi
veri corridori e vere squadre protagoniste della corsa rosa.
E qui (finalmente) avviene
qualcosa che abbiamo già visto. Infatti ad aumentare la visibilità di queste
attività che si svolgono sui nuovi media,
arriva con la sua capillarità e la sua diffusione il vecchio media più potente:
la TV.
Esattamente come era già successo in passato con gli influencer, che dopo un passaggio
televisivo diventavano ancora più popolari (e influencer), anche in questo caso
la TV ha voluto essere presente per dare un segno di vitalità e un’iniezione di
follower. Una via di mezzo tra un
gesto di beneplacito consenso e un segno di influenza di chi vuole ancora far
parte di un gioco del quale non fa ancora del tutto parte.
Da questa attività si evincono
alcune cose. La prima è che, per quanto possibile, anche in uno scenario di
crisi si cerca di dare un’immagine che sia il più vicina possibile alla
normalità.
La seconda è che queste strategie
di marketing e comunicazione sono interlocutorie, atte quindi a “prendere tempo”
in attesa di una chiusura definitiva della stagione 2020 o di un posticipo
nell’inizio delle attività per la seconda parte dell’anno.
La terza è che bisogna comunque
portare attenzione e visibilità al “prodotto sportivo” nel suo complesso. Shareholder e stakeholder compresi.
Gli strateghi del mondo dello
sport stanno cercando di creare un effetto paradosso. Ovvero, quello di uscire
dalla comfort zone della normalità ammantandola
di una normalità del tutto casalinga nonostante il periodo eccezionale. Una
dimensione virtuale e comunicativa che unisca lo sport e il suo pubblico nelle
proprie case. Una nuova fan experience
con le caratteristiche del negozio temporaneo insomma.
Nonostante le incertezze, le
iniezioni di speranza e di resilienza che vengono comunicate in attesa di uno
scenario che, con qualche dato di certezza in più, possa consentire una
pianificazione sul medio-lungo periodo, un fattore è ben chiaro in questa
continua corsa al “collegamento” tra prodotto sportivo e platea: I volumi.
Mantenere alti i volumi di
interazione – possibilmente farli crescere – è la sfida quotidiana degli attori
coinvolti nella comunicazione sportiva. Una sfida che deve dare visibilità e
mantenere quella superiorità volumetrica nei confronti della platea comune, che
è l’unico vantaggio (oltre a quello fornito dalla Relazioni Pubbliche
professionali), nei confronti di una platea che da qualche tempo è anch’essa
parlante.
I volumi equivalgono a visibilità.
La visibilità equivale a denaro, e in questo momento l’industria dello sport ha
un disperato bisogno di liquidità.
Spesso il cambiamento avviene nei
momenti di crisi. Questo è dovuto al fatto che
l’essere umano ha una forte resistenza al cambiamento e una grande
necessità di occupazione della zona di comfort una volta che ne ha creata una.
C’è da chiedersi, quali cambiamenti avverranno nelle prossime settimane e nei
prossimi mesi, quando si cercherà di tornare alla normalità dopo aver vissuto
in una situazione difficile da immaginare solo tre mesi fa. Quali di questi
cambiamenti saranno generalizzati e quali manterranno una specificità o una
parzialità nei singoli settori?
La retorica tipica dei momenti di
crisi vuole che “ne usciremo migliori e più forti”. Presto per dirlo.
Più facile pensare e prevedere che
saremo più preparati perché abbiamo affrontato un’altra prima volta. Forse i
professionisti del marketing e della comunicazione avranno imparato a governare
con maggiore equilibrio i propri processi, su quell’orizzonte sottile che
divide ciò che è utile da ciò che è lecito fare e comunicare.
Ora, mentre il pubblico è intento
a guardare altrove, magari una gara virtuale tra Charles Leclerc e Valentino
Rossi (11), attraverso lo schermo di uno smartphone, chi si occupa di
marketing deve cercare i propri punti di riferimento. Pianificare. Preparare
l’attuazione. Raggiungere nuovi traguardi in modo nuovo, ma creando percezioni
riconoscibili dal pubblico.
Al centro di tutto questo lo
sport. Questa sarà una nuova sfida.
Emmanuele Macaluso (12)
Note:
(5) Capolino G. Massaro F. Panerai P., Parmalat la grande
truffa, Class Editori / Milano Finanza, Milano 2004
(12) Emmanuele Macaluso è un esperto e docente di marketing e comunicazione.
È stato NOC Assistant per il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano)
durante i XX Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Marketing and
Communication Manager del progetto sportivo EM314 è anche l’autore del
Manifesto del Marketing Etico (2011). Maggiori informazioni su www.emacaluso.com