venerdì 13 dicembre 2013

QUANDO AL MARKETING VENNE PERMESSO DI CAMBIARE L’ABITO AD UN SANTO



ISSUE n° 33

(tempo di lettura 4 minuti)
Eccomi di ritorno dopo qualche mese dedicato alle riprese de La Rivelazione (www.larivelazione-ilfilm.com) e al lancio del trailer che, come avrai potuto leggere nel post precedente, è stato un successo.
Per il primo post dopo questa lunga pausa, visto il periodo natalizio, vorrei condividere con te una storia che non tutti sanno, ma che rende l’idea di quanto sia impattante l’influenza che ha il marketing sull’opinione pubblica.
Questo mese desidero parlarti di Babbo Natale, alias Santa Claus.
Le sue origini non sono del tutto chiare, tuttavia la maggior parti delle fonti dà al nostro origini cristiane. Viene generalmente identificato come San Nicola di Bari, o semplicemente Nicola della città di Myra (antica città dell'odierna Turchia), di cui si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli che erano stati rapiti e uccisi da un oste e che per questo era considerato il protettore dei bimbi.
Ma non è di questo che voglio parlarti, quanto del suo abito. Ormai noi siamo abituati al Babbo Natale che con il suo abito rosso e le bordature di pelliccia bianca porta i doni ai bambini di tutto il mondo durante la notte della vigilia. Ma non è stato sempre così. Anche se fin da quando siamo piccoli, i nostri ricordi natalizi ci riportano con grande facilità ad alcuni spot caratteristici e da alcune musichette... anzi a pensarci bene, a volte sono gli spot e le musichette a riportarci al periodo natalizio...
Il primo abito di Santa Claus non era rosso, ma tendenzialmente verde. Raramente lo si ritrova anche blu. Non solo, l’iconografia classica gli conferisce una lunga (e poco pratica) tunica, coperta da un lungo cappotto dello stesso colore. Puoi trovare molte immagini sul web ora che lo sai.
Ma chi ha cambiato abito al santo? Chi può aver fatto questa operazione di restyling al nostro portatore di doni?
Ci ha pensato la Coca Cola, all’inizio del ‘900, più precisamente nel 1931, quando l’azienda di Atlanta (in Georgia) ha ritenuto opportuno “collegare” l’immagine di Santa Claus (simbolo del Natale e testimonial molto conosciuto dai bambini) a quella del proprio brand.
L’immagine di Babbo Natale non solo “fa festa” e “fa Natale”, ma soprattutto ha un forte ascendente non solo sui bambini, ma anche sui genitori (i “portatori di portafogli”) che mantengono comunque il proprio lato infantile custodito nel subconscio. Il testimonial perfetto!
Si è così pensato di trasformare il verde e il bianco, in rosso e bianco, come il marchio della nota bibita, in più, il panciuto testimonial abbandona tunica e cappotto per una più comoda tenuta che prevede l’utilizzo di grossi stivali, pratici pantaloni e una giubba corredata da un cinturone. Il berretto, non sempre indossato, è rosso e incornicia il volto paffuto e ricoperto dalla lunga e candida barba. Molto rassicurante.
Ma perché il cambio d’abito e non solo il cambio di colore?
La risposta è nella sagoma.
Se osservate la sagoma di Babbo Natale, questa riprende perfettamente la sagoma della classica bottiglietta di vetro della Coca Cola. La parte bassa della bottiglietta è più larga (stivali), salendo si restringe (gambe) per “riallargarsi” verso il centro (pancia) e poi si riassottiglia verso il collo. Il cappello rappresenta il coperchio.
Questo cambiamento culturale, ha condizionato profondamente la cultura americana e ha invaso le altre culture occidentali a livello mondiale.
Ecco come un’azienda, attraverso il marketing può far cambiare una percezione radicata nella propria cultura e nella propria religione.
Ti auguro buone feste, passa del tempo di qualità con chi ti vuole bene e ci vediamo (e leggiamo) nel 2013!
Ovviamente, come sempre, ogni tuo commento o contributo a questo articolo è assolutamente gradito e sarò felice di risponderti.

Fonti:
“Per Dio la Patria e la Coca Cola. La vera storia (non autorizzata) della bibita più famosa del mondo” di Mark Pendergrast, ed. Piemme 1993
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