mercoledì 2 settembre 2015

I SOCIAL HANNO RICADUTE NEL MONDO REALE? SI, E TI SVELO I NUMERI.



Issue n° 41

(Tempo di lettura: 7 minuti)

ATTENZIONE: Quella presente in questo articolo non è la pubblicazione scientifica formale della ricerca denominata “Studio sulla creazione della credibilità percettiva attraverso i social media”, ma la pubblicazione dei soli risultati. L’autore si rende disponibile alla divulgazione dell’intero studio mediante le riviste scientifiche accreditate che la richiederanno.


Ogni studio o ricerca scientifica parte da delle domande. La domande che mi sono posto all’inizio dello studio sono state: Quale può essere l’impatto che le informazioni virtuali che acquisiamo dai social hanno sulla vita reale? Esiste un collegamento tra virtuale e reale? Quanto il virtuale può concretamente influire sul reale? Qual è il potenziale economico che si può sviluppare attraverso una corretta azione di personal branding a costo zero?
È per dare delle risposte a queste domande, e soprattutto dei dati oggettivi, che nel luglio 2014 ho coinvolto alcuni esperti di marketing, Relazioni Pubbliche e consulenti musicali per effettuare la ricerca denominata: “Studio sulla creazione della credibilità percettiva attraverso i social media”.

Parametri:
Lo studio ha dei parametri fissi che hanno lo scopo di non falsare il risultato statistico.
- Non utilizzare nessun servizio a pagamento (abbiamo infatti voluto ricreare in tutto e per tutto le condizioni che ha a disposizione un utente base).
- Suddividere lo studio in 2 fasi: nella prima il soggetto virtuale crea una sua credibilità e si inserisce tra gli utenti; nella seconda sviluppa la credibilità della propria professionalità. (Semplificando: nella prima fase si crea la credibilità del personaggio, nella seconda quella del suo prodotto).
- Le due fasi durano ognuna 30 giorni, per un totale di 60 giorni con una pausa intermedia per analizzare i dati della prima e preparare la seconda.
- Dell’avatar creato per lo studio - un musicista - non deve essere pubblicata nessuna presentazione video e musicale. (Di fatto non esiste una sola nota dell’avatar, semplicemente perché non esiste).
- I dati vanno analizzati solo attraverso software generici e non specifici. (Gli stessi che avrebbe a disposizione un utente medio).
- i dati devono essere divulgati all’opinione pubblica attraverso canali di divulgazione diretti e indiretti.

Obiettivo della ricerca:
- Valutare e acquisire dati circa l’influenza dell’ambiente virtuale su quello reale attraverso una strategia di marketing e personal branding a costo zero.
- Condividere gratuitamente i risultati acquisiti.

Ricerca e metodo:
La ricerca ha previsto la creazione di un “personaggio pubblico”, nella fattispecie un musicista, su un noto social network per studiare l’interazione degli altri soggetti e quantificare il grado di popolarità raggiunta nei tempi prefissati. Come precisato precedentemente, non è stato previsto nessun tipo di attività a pagamento.

Risultati:
Alla fine dei 60 giorni di ricerca, sono state 4.977 le persone che attraverso l’apposito tasto virtuale hanno deciso di apprezzare e/o seguire il “personaggio pubblico” creato per la ricerca. Secondo i dati raccolti prima della ricerca, possiamo dire che il risultato raggiunto rappresenta un dato medio di almeno 5 volte superiore rispetto alla media raggiunta dagli artisti che operano nello stesso ambito artistico specifico. Questo nonostante il fatto che questi ultimi siano iscritti al social da un tempo decisamente maggiore rispetto ai 60 giorni della ricerca.
Anche nelle dinamiche sviluppate sui social, sono stati osservati comportamenti già molto noti ai sociologi in ambito reale, tra questi spicca il conformismo sociale.
Per semplificare: il conformismo sociale è quel meccanismo secondo cui, per un individuo, è più facile fare un’azione se questo vede che la stessa azione viene compiuta da altri suoi simili. Si è notato che la progressione che è andata verso il risultato definitivo è aumentata in parallelo con la crescita del numero dei fan del nostro “personaggio pubblico”.
Una sorta di piano inclinato sociale nel mondo virtuale.
Se il fatto di avere dei numeri precisi e statisticamente rilevanti avrebbe già giustificato un impegno professionale di due mesi di operatività, dobbiamo segnalare che si tratta solo della punta dell’iceberg. I risultati più rilevanti infatti sono quelli che hanno visto le comunicazioni “in privato” tra gli altri utenti e il nostro avatar.

Alla fine dei 60 giorni di ricerca, il nostro “personaggio pubblico” ha ricevuto le seguenti opportunità professionali:
- 3 inviti a suonare dal vivo (dietro compenso)
- 3 interviste radiofoniche
- 1 invito a partecipare ad una trasmissione televisiva in un’emittente regionale
- 1 invito a partecipare ad un contest musicale
- 1 invito all’invio di materiale musicale verso un’etichetta musicale
- 1 invito all’invio di materiale musicale verso un organizzatore di eventi

Conclusioni generali
Una delle ragioni che sono alla base della conduzione di questo studio è stata la percezione (trasformatasi poi in certezza scientifica) che i social hanno un’influenza molto marcata nei confronti dei propri utenti. Influiscono nelle loro possibilità di scelta, nella creazione dei propri modelli di riferimento e nelle dinamiche sociali, da quelle più comuni a quelle più complesse.
La credibilità raggiunta dall’avatar, con l’ausilio di qualche post ben strutturato e con la scelta di qualche immagine non ha nessun riscontro logico e razionale con la realtà. Pensiamo solo al fatto che di questo “personaggio pubblico” non esiste neppure una foto del suo volto. Per creare l’immagine del profilo infatti, abbiamo dovuto “prestargli un corpo”, il cui volto era coperto da un cappello. Dell’avatar, lo ricordiamo, non esiste nessuna canzone o attività in ambito reale, in quanto non esiste.
Eppure le persone che hanno espresso il gradimento per questo fantomatico artista basterebbero per riempire la curva di uno stadio di medie dimensioni.
Ma ancor di più, è interessante la possibilità che ha avuto l’avatar di generare potenziali profitti senza avere neppure un prodotto reale, grazie alla creazione di una credibilità fondata sulla pura virtualità.
Più volte è capitato, durante riunioni di coordinamento, di chiederci come sia possibile non vivere di musica con un eventuale prodotto reale a disposizione.
Forse questi risultati dovrebbero far riflettere quelle migliaia di artisti (o presunti tali) che sbagliano il proprio approccio strategico e psicologico.
Durante la fase di ricerca abbiamo operato sotto il controllo di un Comitato Etico Scientifico, poiché il nostro intento non è mai stato quello di ingannare le persone (vere o presunte) che popolano i social, ma al contrario volevamo – e vogliamo tutt’ora – dimostrare l’importanza di un approccio meno “leggero” e di fiducia verso questo tipo di strumento, che si sta trasformando da canale di intrattenimento a canale di influenza sociale, culturale e di mercato.
Quindi l’invito è quello di valutare con maggiore attenzione e consapevolezza le conseguenze che il nostro “mondo virtuale” ha nei confronti di quello “reale”.

Conclusioni personali
I fatti di cronaca ci danno degli avvertimenti che a mio giudizio vengono ingiustificatamente ignorati. È dello scorso 26 agosto l’episodio di un ex reporter statunitense(1) che, a suo dire, era stato ingiustamente licenziato dall’emittente televisiva per la quale lavorava. L’uomo ha filmato con il proprio telefonino l’omicidio che ha commesso ai danni di un’ex collega e del cameraman, avvenuto mediante arma da fuoco, mentre questi intervistavano una donna. Anche quest’ultima rimasta ferita.
L’omicida prima di suicidarsi, nella sua scala di priorità, ha voluto postare il video sui social prima di farla finita. Un ennesimo atto concreto che ci indica quanto siano percepiti come prioritari ed importanti le piattaforme di condivisione. Piattaforme che, tra l’altro, si stanno strutturando e trasformando da social a media con servizi a pagamento.
Tra i dati che vanno a completare ed integrare quelli ottenuti dalla ricerca, si possono (e devono) aggiungere quelli che vedono crescere il numero dei soggetti seguiti da cure sanitarie per lo sviluppo di dipendenza dall’utilizzo dei social, che molto spesso portano i soggetti ad isolarsi dalle relazioni reali a discapito del proprio lavoro e dei propri affetti.
Le potenzialità del web e dei social nell’acquisire dati da studiare e utilizzare a fini sociali e di mercato è stata addirittura “istituzionalizzata”. Avrai notato infatti che da qualche mese i siti internet hanno avvisi che indicano il potenziale utilizzo di cookies. Ti sei preso del tempo per capire il perché? Quegli avvisi sono il frutto di una normativa del Garante della Privacy(2)  che tenta di regolarizzare, o almeno informare, circa queste attività di profilazione.

Concludendo, quello che abbiamo voluto dimostrare è la facilità con la quale possiamo essere influenzati e messi alla mercé di chi ha gli strumenti e le risorse tecniche ed economiche per pilotare le nostre scelte in molti ambiti sociali ed economici.
Non esistono “amici” o “followers” che ci seguono davvero, nonostante la creazione di un’auto-percezione che ci vuole personaggi pubblici solo perché sotto una nostra foto, per pura cortesia o per eventuali secondi fini, qualcuno in modo virtuale esegue, con un semplice click, un distratto segno di apprezzamento.
Il nostro Paese in realtà è ricco delle più belle piazze del mondo, forse dovremmo rieleggerle a nostri social. Chissà, forse potremmo goderci qualche apprezzamento vero.
La scienza esiste per farci evolvere e per aiutarci. Condividi e parla di quanto hai letto, non attraverso i social, ma attraverso le tue relazioni. Non possiamo permetterci di inviare un “grido di allarme”. Il nostro ruolo ci impone di studiare, osservare, dimostrare e divulgare e non di scendere sul piano degli “urlatori da social, dei falsi sensazionalisti e dei complottisti”.
Abbiamo il dovere di condividere saperi, e quelli che hai acquisito in questi pochi minuti sono a mio avviso importanti. Questa ricerca sarà citata in un libro, a cura di uno dei massimi esperti di Relazioni Pubbliche italiani e sarà probabilmente oggetto anche di una mia pubblicazione formale.
Aiutaci a diffonderla anche tu attraverso i tuoi canali e il tuo contributo.
Grazie per quello che farai.
Emmanuele Macaluso

(1) http://www.corriere.it/esteri/15_agosto_26/usa-giornalista-cameraman-uccisi-colpi-pistola-diretta-tv-435bbfca-4bf4-11e5-b0ec-4048f87abc66.shtml?refresh_ce-cp
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/26/usa-killer-spara-troupe-televisiva-reporter-e-cameraman-uccisi-diretta/1985159/
http://www.repubblica.it/esteri/2015/08/26/news/usa_giornalista_e_cameramen_uccisi_durante_una_diretta_tv_in_virginia-121662692/?refresh_ce
(2) http://www.garanteprivacy.it/cookie
http://www.lastampa.it/2015/06/03/tecnologia/cosa-cambia-con-la-nuova-normativa-sui-cookie-ROzQZqHOaIF96jYP8VbAnJ/pagina.html
http://www.profiliaziendali.info/siti-web-dal-3-giugno-2015-nuova-normativa-cookie/

giovedì 4 giugno 2015

NASCE LA CARTA DEI VALORI DEL MARKETING UMANISTICO

Issue n° 40

(Tempo di lettura 3 minuti)

Ci sono date che possono essere importanti. Alcune rappresentano l’anniversario di qualcosa che è avvenuto. Altre invece possono indicare la fine o l’inizio di un’impresa o un’azione destinata a lasciare il segno. Il 15 maggio del 2015, nel mondo del marketing sarà ricordato come la data di presentazione della Carta dei Valori del Marketing Umanistico.

Presentato  nel corso del Kotler Marketing Forum 2015, svoltosi a Milano, il documento è stato redatto e sviluppato da Marzio Bonferroni. Già noto nell’ambiente per la sua attività di consulente, docente e saggista, si occupa da ormai una quindicina di anni di Human Satisfaction.

La Human Satisfaction, nella comunicazione d’impresa, rappresenta l’evoluzione della customer satisfaction. Un’evoluzione che porta chi si occupa di comunicazione e marketing a vedere nel cliente, non più un semplice consumatore, ma un essere umano, con tutte le sue complessità che hanno ricadute dal punto di vista umano. Complessità di natura emozionale, razionale e ovviamente etica.

La Carta dei Valori è il culmine di un percorso che Marzio Bonferroni ha sviluppato anche attraverso la scrittura di saggi specifici e che hanno catturato, tra l’altro , l’attenzione del Prof. Kotler, uno dei padri del marketing moderno.

Sono venuto a conoscenza della Carta dei Valori del Marketing Umanistico quasi per caso, grazie alla segnalazione di un professionista delle Relazioni Pubbliche – e mio amico – che si chiama Luca Poma. Una mattina apro la mia casella e-mail e trovo un messaggio con un allegato, accompagnato da poche parole:« Credo possa interessarti…».

Apro l’allegato e mi trovo di fronte ad un documento dove non si parla di “mercato” o “cliente” in modo astratto e che utilizza parole come “persona” o “essere umano”. Oltre a questo mi colpisce una sorta di paradigma, che vuole che in modo assertivo, che tutti i protagonisti coinvolti nel processo abbiano soddisfazione.

Sul mio volto è apparso un sorriso, perché noto la sintonia di intenti tra la Carta dei Valori del Marketing Umanistico e il Manifesto del Marketing Etico che ho presentato nel novembre del 2011.

Grazie all’interessamento di Poma, entro in contatto con Marzio Bonferroni attraverso una mail nella quale mi complimento per il suo ottimo lavoro. Nel giro di pochi minuti ricevo una telefonata dallo stesso e inizia una lunga chiacchierata di presentazione.

Ci sono due cose che mi hanno colpito di Marzio. La prima è la grande carica e disponibilità umana, in netta controtendenza rispetto a chi di solito si chiude nella sua “torre d’avorio”  dopo aver conseguito un risultato. La seconda è la sua apertura a migliorare il documento e ad aprire una discussione su quest’ultimo.

Questo articolo vuole essere un segno di stima e incoraggiamento nei confronti di Marzio Bonferroni, ma anche un invito, a tutti coloro che in modo che si occupano di marketing e comunicazione - e che condividono con noi la passione per l’etica professionale e per la cura delle necessità dell’individuo in quanto tale - ad unirsi a noi in questo lungo cammino.

Il mio augurio personale, è che non si fermi tutto in una discussione filosofica, ma che il nostro lavoro si evolva e trovi spazio nelle buone prassi aziendali e quindi nell’economia reale.

A Marzio Bonferroni esprimo la mia stima personale come esperto di marketing e come uomo in grado di immaginare un futuro migliore, e auguro che ogni passo del cammino verso la conoscenza e la consapevolezza possa migliorarci e ricadere positivamente sulle altre persone.

Sarà un lungo cammino, sarà per questo che potrà portarci lontano.

Emmanuele Macaluso


E’ possibile chiedere la Carta dei Valori a Marzio Bonferroni all’indirizzo marzio.bonferroni@gmail.com e scaricare gratuitamente il Manifesto del Marketing Etico sul sito ufficiale (www.manifestodelmarketingetico.org)

Consigliamo anche la lettura di: Bonferroni M., Human Satisfaction – La comunicazione d’impresa verso un nuovo umanesimo, Franco Angeli Editore

venerdì 24 aprile 2015

L’ETICA PUO’ ESSERE SOLO UNA QUESTIONE DI NUMERI? MA SOPRATTUTTO, LI HA?



Issue n° 39

(Tempo di lettura: 3 minuti)



Qualche tempo fa sono stato contattato da una persona che voleva confrontarsi con me sui temi dell’etica nel marketing. La persona in questione si occupa di comunicazione pubblicitaria, e ho avuto il piacere di incontrarla in un clima disteso, davanti ad un caffè.
Durante quella chiacchierata è emersa una cosa che reputo molto interessante. Secondo il mio interlocutore, a domanda specifica, le agenzie pubblicitarie non reputerebbero opportuno investire in attività tecniche di natura etica perché non esisterebbero studi, indici o numeri che renderebbero queste azioni convenienti.
Semplificando: si continua a non utilizzare prassi etiche e ci si affiderebbe a Dirty Marketing perché fa fatturato.
Ho pensato a lungo a quell’incontro, e soprattutto a questa affermazione.
Mi sono posto delle domande:
- Davvero è solo una questione di numeri?
- Se ci fossero degli studi o dei numeri concreti, le agenzie lascerebbero davvero la strada “vecchia” per quella “nuova”? Possono dei numeri abbattere la naturale resistenza al cambiamento dell’essere umano?
- Non esistono numeri o semplicemente non si vogliono leggere?

Esistono parametri che ci indicano che vi è una grande attenzione del “pubblico” nei confronti dell’etica nel marketing, nella comunicazione e del giornalismo. Ma la realtà è una soltanto: il pubblico non è un influencer, altrimenti le strade percorse sarebbero altre. La realtà quindi, è che l’opinione pubblica è “gestita” dai media e dai veri influencer, che sono dall’altra parte della barricata invisibile.

I numeri ci sarebbero eccome. Prendiamo ad esempio  il Manifesto del Marketing Etico. Sia ben chiaro, non parlo di questo perché ne sono coinvolto direttamente e in modo autoreferenziale, ma semplicemente perché conosco il progetto in ogni dettaglio e posso dare dei riferimenti precisi “al millimetro”.

Manifesto del Marketing Etico
21 incontri pubblici – 11 interviste televisive – 53 ore di diretta radiofonica – 29 articoli di stampa – 1.000 “Mi piace” sulla pagina ufficiale del progetto – 1 programma radiofonico (Fuori la Verità in onda su RadioFlash FM 97.6 ndr)
Poco?

I numeri che ho citato esistono e sono riscontrabili, e non sono gli unici, esistono decine di progetti meritori con volumi e indici interessanti, superiori talvolta ai risultati raggiunti dai “prodotti” che vengono pubblicizzati (e a pagamento) da quelle stesse agenzie pubblicitarie che si trincerano dietro la necessità di studi e numeri riscontrabili.
Non è solo una questione di numeri. È un’insieme di fattori. In primis, per ottenere dei buoni risultati pur “giocando pulito” bisogna avere delle buone capacità tecniche, cosa pressoché introvabile nella mediocrità tecnica che ci circonda, fatta da marketer e comunicatori con l’I-phone d’ordinanza e che sono le prime vittime del loro lavoro. A questo aggiungiamo il fatto che “si fa così da anni” e che quindi perché si dovrebbe cambiare? Il cambiamento implica fatica e disciplina. Meglio atteggiarsi da guru piuttosto che lavorare. Tra l’altro un cambiamento potrebbe pregiudicare la mia attuale posizione di mercato.
Ma alla fine di questo post voglio condividere con te un’ultima domanda: Siamo sicuri che non esistano i volumi certificati? E se un istituto che si sta accreditando ci fosse già e stesse già facendo le sue analisi?