giovedì 10 novembre 2016

ANALISI DELLA CRISIS COMMUNICATION DELLA MISSIONE EXOMARS 2016

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul blog TheCOSMOBSERVER il 28 ottobre 2016, e viene ripreso su The Marketing Blog Italia.
La prima immagine in alta definizione dei resti del lander Schiaparelli sul suolo marziano 
(fonte: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona Description)



Abbiamo voluto far passare qualche giorno dallo schianto del lander Schiaparelli sulla superficie marziana, prima di scrivere e pubblicare questo articolo. Abbiamo cercato di documentarci sull’accaduto attraverso attività formali e informali. Ci siamo districati tra i “soliti” commenti sui social e quelli discordanti che, in modo più o meno ufficiale, sono apparsi sulla stampa.
In primis, desideriamo formalizzare che per noi la scienza e l’esplorazione spaziale rappresentano fattori strategici e sociali importanti, che devono continuare, portando benefici condivisi sul pianeta Terra.
Tuttavia, da divulgatori e comunicatori professionisti, abbiamo notato una serie di errori dal punto di vista della crisis communication che erano difficilmente preventivabili, visti gli attori protagonisti dell’impresa e l’importanza scientifica ed economica del progetto.

La missione ExoMars 2016
Il viaggio della missione ExoMars è iniziato il 14 marzo 2016 dal cosmodromo di Bajkonur, in Kazakistan. La missione prevede l’invio su Marte di una “sonda madre” denominata “TGO” (Trace Gas Orbiter) e di un lander denominato “Schiaparelli” (577 Kg) che aveva il compito di raggiungere il suolo marziano per svolgere alcuni esperimenti scientifici.
La missione è frutto della collaborazione tra ESA (Agenzia Spaziale Europea) e di ROSCOSMOS (Agenzia Spaziale Russa), ha un costo di circa 1 miliardo di euro e vede l’Italia come maggiore referente sia in termini tecnologico-scientifici che di budget, con un investmento di circa 340 milioni di euro (circa il 35% dell’impegno finanziario). La missione è seguita dal team dell’ESA nel Centro Europeo di Operazioni Spaziali (ESOC) a Darmstadt, Germania.
Dopo circa sette mesi di viaggio, il 19 ottobre 2016, la sonda madre affronta con successo la difficile manovra d’inserimento nell’orbita marziana. Per comprenderne la delicatezza di questo momento, si pensi che questa manovra è durata ben 139 minuti. (1)
A questo punto entra in scena il lander Schiaparelli, separatosi dal TGO 3 giorni prima, il 16 ottobre, e che sempre il 19 dello stesso mese, doveva affrontare la sua difficile discesa verso Marte. Una vera e propria cavalcata di 6 minuti, resa ancora più difficile da una violenta tempesta marziana. Una discesa che secondo l’ESA, Schiaparelli era programmato ad eseguire in autonomia, attraverso una sequenza automatica di atterraggio. La procedura prevedeva l’apertura del paracadute, il rilascio dello scudo termico frontale (tra gli 11 e i 7 Km di altezza), seguito da una frenata mediante retrorazzi che da una quota di circa 1.100 metri sarebbe terminata a circa 2 metri di altezza. L’ammartaggio sarebbe avvenuto con una piccola caduta, con il lander ammortizzato da una struttura deformabile. Una procedura molto complessa.
Non avendo a disposizione dati ufficiali, e non potendo avere ancora oggi, una visione chiara dell’accaduto – da qui la redazione di questo articolo – concludiamo questa parte dedicata al racconto della missione, dando l’unico dato di fatto che possiamo divulgare con sicurezza. Il lander Schiaparelli si è schiantato sul suolo marziano. Informazione resa pubblica dall’ESA già in giornata, e visualizzata attraverso delle fotografie del sito dell’impatto. La prima (vedi foto) in alta definizione, scattata dalla sonda Mro (Mars Reconnaissance Orbiter) della Nasa, è del 27 ottobre.(2)

La Crisis Communication
Cercando informazioni sull’accaduto, è evidente che alcune cose non hanno funzionato dal punto di vista della comunicazione.
Le ragioni tecniche dello schianto hanno seguito strade diverse con l’andare avanti dei giorni e sono state diramate seguendo la ormai solita necessità di dare un’informazione veloce a discapito dell’esattezza. Si è passati dallo scarso periodo di accensione dei retrorazzi all’instabilità del paracadute che avrebbe portato allo spegnimento del computer di bordo. (3)
Premesso che sia verosimile che in una procedura così complessa possa essere un insieme di fattori a determinare un unico risultato, nel bene o nel male, perché fornire queste versioni in momenti diversi, dando adito ad una divulgazione scorretta? Sapendo che così facendo, le informazioni potrebbero essere anche “selezionate e spettacolarizzate”?
Pur senza entrare nel tecnico della missione, ci sono state divulgazioni di natura più generale con un potenziale negativo sulla missione decisamente superiori, perché più facili da massificare e acquisire dall’opinione pubblica.
In un articolo del 21 ottobre (4), Roberto Battiston (Presidente dell’ASIAgenzia Spaziale Italiana) avrebbe dichiarato che la sonda ha inviato il 95% dei dati che avrebbe dovuto inviarci. In un altro articolo del 25 ottobre (4 giorni dopo), Andrea Accomazzo (direttore delle operazioni planetarie dell’ESA), avrebbe dichiarato che il 90% del lavoro è stato corretto. E’ vero che il parametro di base (dati inviati vs percentuale di lavoro completato) è simile ma non identico. Ma non si può lasciare, in un momento delicato come questo, adito ad utilizzi strumentali di questo tipo. Le percentuali sono un fattore comunicativo importante, che può influenzare l’opinione pubblica – e non solo. Il 5% di una missione da un miliardo è 50 milioni di euro. Poco? Direi di no, visto che rappresenta circa un sesto di quello che manca per dichiarare operativa la successiva missione: ExoMars 2020.
La sensazione (e non solo quella) è che non sia stata concordata una linea comune di comunicazione, con una precisa scelta delle informazioni da divulgare e la scelta di referenti. Sono saltati i protocolli. È scattata la corsa al contatto all’interno delle aziende e istituzioni da parte dei giornalisti, con indiscrezioni e informazioni date in modo disordinato, personalizzato e… ammettiamolo, a dir poco “garibaldino”. Non c’è stato, da parte del gestore della comunicazione un controllo completo delle informazioni, la capacità di gestire la pressione mediatica (sempre molto più forte in caso di insuccesso che di successo). Si è sentita l’esigenza di dover dare subito dei dati, anche se parziali e potenzialmente inesatti. Dal punto di vista tecnico si è tralasciato un assist che avrebbe ribaltato completamente la partita comunicativa a favore dell’ESA, ovvero: le tempistiche tecniche di trasmissione dei dati da Marte e la conseguente “laboriosa” e “scrupolosa” analisi da parte dei tecnici. Alla quale va aggiunta la necessità di semplificare i risultati a favore dell’opinione pubblica e dei contribuenti, veri azionisti di maggioranza del progetto.
Sarebbe bastata questa dichiarazione per dare tempo di governare il processo comunicativo, coordinarlo, diminuendo il numero delle informazioni errate o sensibli attraverso una selezione dei contenuti, e attuare una strategia di crisis communication. L’ABC insomma.
Un’attività comunicativa che dovrebbe essere fatta da professionisti specializzati in comunicazione e non – ce lo perdoneranno – da ingegneri. Quello è un altro mestiere.
A questo si aggiunga che, in una missione così complessa, la strategia di crisis communication dovrebbe già essere molto “ben impostata” a priori e non solo imbastita. Qualora sia stata imbastita.
Per un fattore comunicativo, secondo il quale gli accadimenti negativi colpiscono e vengono ricordati molto più dei positivi, bisognerebbe dare maggiore attenzione a questo “dettaglio” del saper comunicare correttamente, anche e soprattutto sotto pressione.
La missione ExoMars era stata presa di esempio per la “tecnologia e l’eccellenza italiana” e ha portato un danno d’immagine difficilmente quantificabile in questo momento, ma che sicuramente c’è per il Paese. Qual è la strategia per ovviare a questo? Non possiamo prendere i benefit di un brand e lasciare i cocci sul tavolo facendo finta che non ci siano se le cose vanno male, portando l’attenzione sul liquido rimasto nel bicchiere crepato o rotto. Non è questa la comunicazione e divulgazione efficace che serve ad un progetto di eccellenza globale. Ci sono case history di successo che vanno decisamente in altre direzioni.
Per qualcuno è giusto prendere in considerazione ciò che è andato bene cercando di minimizzare (o non citare) quello che non ha funzionato, ma non basta. Anche la scelta degli esempi in divulgazione è stata discutibile in questo caso.
Ad esempio, dire che «Poteva andare meglio, avremmo potuto avere la ciliegina, ma per ora ci accontentiamo della torta» è errato. Nello stereotipo della torta, la ciliegina ci deve essere sempre, e rappresenta il punto in cui si focalizza l’attenzione. Il fatto che manchi, rappresenta un fattore negativo di principio molto più ampio delle sue dimensioni sulla torta. Pessima scelta.

L’importanza della corretta divulgazione e comunicazione nella scienza
L’esplorazione spaziale e verso Marte deve continuare. Purtroppo il perché è ancora sconosciuto alla maggior parte della popolazione contribuente. Tutto si basa sulla sfida tecnologia, il superamento delle barriere e altre cose da “motivatore con microfono ad archetto”. Si rischia di commettere lo stesso errore fatto con il progetto Apollo e che ha portato, anche dietro “spinta” dell’opinione pubblica, ad interrompere il programma. Anche in quel caso: il superamento dei limiti, la sfida dell’occidente contro la Russia, le motivazioni politiche e di orgoglio nazionale ecc.
In un libro che abbiamo recensito (5) dal titolo “Il ritorno sulla Luna” di Antonio Lo Campo, c’è un’intera sezione che parla dei benefici tecnologici della missione Apollo, e delle relative ricadute positive dal punto di vista sociale. Il solo programma Apollo ha portato alla registrazione di circa 160.000 brevetti, molti dei quali sono di uso comune e quotidiano. Quanta di quell’opinione pubblica che ha contribuito all’annullamento di Apollo lo sa? Quanti sanno perché è stato progettato e prodotto il velcro? Quanti sanno da dove viene la tecnologia della fotocamera del proprio smartphone?
Eppure il peso decisionale legato ad interessi politici di massa è crescente. Oggi “il popolo” non è più un gruppo di persone da chiamare alle urne ogni 4 o 5 anni, ma parla, comunica, si organizza in gruppi di opinione, fa opinione, e talvolta pontifica senza ragione di causa e preparazione, coinvolgendo però migliaia di altri soggetti. Lasciamo stare? Non ce ne preoccupiamo? Facciamo finta di niente?
Se andate a vedere i volumi social e di visualizzazione delle pagine inserite nelle note di questo articolo, noterete uno squilibrio enorme tra le poche interazioni della pagina ESA e quelle dei media. Senza calcolare l’ironia e la strumentalizzazione condivisa migliaia di volte dagli utenti social. Fare divulgazione non vuol dire immettere dati tecnici e raccontarli, ma semplificarli e “portarli davanti agli occhi” della platea.
Pubblicarli non basta. Forse bisognerebbe porsi delle domande e rispondere con azioni professionali e professionistiche. L’ESA deve diventare l’opinion leader della cultura scientifica e spaziale non il diramatore di comunicati stampa e di pagine web ufficiali poco lette.
Qualsiasi ufficio stampa privato si è dovuto evolvere, differenziando i propri canali e le proprie attività per far arrivare il proprio messaggio. Da ufficio stampa si è dovuto evolvere in ufficio per le relazioni pubbliche, imparando a creare e gestire reputazione e popolarità su tutti i media, soprattutto quelli scelti dai lettori e non quelli legati al proprio confort di comunicazione.
Speriamo che quanto sia successo a Schiaparelli non sia di stimolo solo per l’apparato ingegneristico della missione, ma anche per quello comunicativo. La posta in palio è molto alta. Noi non possiamo che augurarcelo e mettere a disposizione le nostre esperienze e le nostre osservazioni tecniche, nella speranza possano stimolare chi di dovere.

Emmanuele Macaluso (6)
Link originale dell'articolo:
http://thecosmobserver.blogspot.it/2016/10/astronautica-analisi-della-crisis.html



Note:











Note sull’autore

Emmanuele Macaluso è un esperto di marketing e comunicazione, saggista e divulgatore scientifico.

Affascinato fin dall’infanzia dal cosmo, ha frequentato diversi corsi di astronomia, astrofisica e astronautica, tenuti da alcuni dei massimi esperti italiani di queste discipline scientifiche.

Ha fondato TheCosmobserver nel 2013 con l’intento di “dare voce” ai protagonisti del cosmo “avvicinandoli” al grande pubblico. Ha intervistato astronomi, astrofisici e astronauti, e dal 2015 collabora con l’astronauta Maurizio Cheli gestendo le sue Relazioni Pubbliche digitali.

È l’autore del Manifesto del Marketing Etico (www.manifestodelmarketingetico.org) e i suoi saggi sul marketing hanno vinto premi e riconoscimenti.