lunedì 29 febbraio 2016

DOMANDE E RISPOSTE SUL GOLF – L’IMPORTANZA DEL MARKETING E DEL MANAGEMENT NELLO SPORT PIU’ BELLO DEL MONDO



Issue n° 43



(Tempo di lettura: 6 minuti)



Il successo di un articolo non è facilmente preventivabile. Dipende dai lettori. Quando un paio di settimane fa ho scritto quello nel quale spiegavo la strategia di marketing dietro il successo della golfista Paige Spiranac, non avrei mai immaginato quello che è successo. Il post di lancio sui social ha raggiunto numeri notevoli, la stampa generalista ha “ripreso” – come si dice in gergo – l’articolo e ho ricevuto molti messaggi in privato. Mi chiedevano di dare una mia visione del momento attuale del golf in Italia. A mandarmi questi messaggi non erano solo i miei amici golfisti e addetti ai lavori, ma anche semplici aspiranti golfisti o amanti dello sport in genere.

Questo a riprova che nei confronti di questo meraviglioso sport c’è una grande “simpatia” e curiosità.

Da golfista, ho rispolverato la mia rubrica telefonica e ho chiamato alcuni miei amici che gravitano, a vario titolo, attorno al mondo dei green. Volevo ascoltare i cosiddetti addetti ai lavori. Volevo capire.

Chi mi conosce, sa bene che non sono persona che apre bocca quando non conosce l’argomento.

Scrivo quindi questo articolo in qualità di esperto di marketing, ex atleta professionista, giocatore di golf e conoscente di molti operatori del settore.

La parola che ho sentito pronunciare più spesso è “crisi”. Tanto per cambiare!

È indubbio che la gestione economica di un circolo sia difficoltosa. I costi fissi, basta fermarsi un attimo a pensare,  sono notevoli.



È altresì indubbio che ci siano però due fattori che non possiamo ignorare.



Il primo: la parola “crisi” viene spesso utilizzata a sproposito. Non si tiene conto del fatto che la crisi sia strettamente collegata al concetto di tempo. Se in questo momento io avessi una crisi respiratoria, e non passasse nel giro di qualche minuto, i miei parenti ne avrebbero un forte dispiacere. Almeno credo.

Quando un fattore negativo persiste, si deve parlare di fattore patologico, non di crisi. Questa crisi (vera o presunta) dura da troppo tempo per essere tale.



Il secondo: è un fattore di approccio al problema. Di natura culturale e psicologica. Quando mi parlano di “crisi”, mi sottolineano sempre cosa non va, e si fermano.

Mai una soluzione o un’azione!

Dei problemi sanno tutto, sono degli esperti, tuttavia quando finiscono di parlarne cala un silenzio imbarazzante e surreale. Come se la soluzione dovesse venire dal cielo o comunque sempre da qualcun altro. È come se chi facesse parte del problema, automaticamente si sentisse escluso dalla soluzione pur facendo parte di quell’ambiente.



Dare una soluzione a tutto questo non è semplice. Tutto sta nella ricerca di un equilibrio tra strategie di co-marketing (turistico e sportivo), management aziendale, event management, reputation management e soprattutto un cambio di mentalità ed approccio.

Tra i maestri di golf ormai si è già fatto strada il concetto di mental coaching. Peccato che gli stessi professionisti e i gestori dei circoli, il cambiamento mentale non lo attuino, e continuano a commettere errori che sono il frutto di abitudini e approcci sbagliati, che con il tempo si sono trasformati in metodo.



È necessario imparare a ragionare per macro sistemi. Inserendo il circolo e le proprie strategie in ambiti più ampi.

- Bisogna inserire il circolo all’interno di un contesto turistico di incoming attivo (marketing turistico)

- Bisogna lavorare sulla visibilità e sulla reputazione del circolo, affinché il pubblico possa entrare in contatto, conoscere e scegliere di far parte di quel golf club. Bisogna rendere il socio fiero di far parte del proprio circolo e del suo brand, facendo leva sullo spirito di appartenenza. Che non è da confondere con la cena natalizia! Mi riferisco a quell’esperienza esclusiva che deve vivere entrando quotidianamente nel suo golf club. Bisogna educarlo all’etichetta e fare in modo che questa disciplina diventi quello che cerca e che per lui fa la differenza. Sempre più spesso i telefonini suonano nelle club houses e sui campi, con conversazioni che diventano di dominio pubblico - per usare un eufemismo.

Domanda: ma devo pagare una quota da migliaia di euro anche per questo?

Bisogna in altre parole lavorare di RP, di reputation management e comunicazione.

- Bisogna avere una strategia di management corretta da attuare ogni giorno. Sono le buone prassi aziendali a dover diventare delle abitudini. I vecchi schemi mentali e tecnici, insieme alle vecchie abitudini, non permettono ai circoli di poter creare delle nuove opportunità di business. Poca attenzione verso i potenziali stakeholders, gli sponsor e i potenziali investitori, limitano le grandi potenzialità che un circolo ha di attrarre flussi economici e finanziari. In altre parole serve una strategia di management aziendale.

- Bisogna creare eventi, degni di questo nome. In grado di attrarre sportivi e persone che altrimenti non conoscerebbero le nostre realtà. Bisogna capire che un circolo può far parte di un sistema di interesse ampio e variegato, che aspetta solo di essere conquistato.

- Bisogna imparare a fare la differenza. Un golfista sa già cosa aspettarsi da un golf club quando lo visita la prima volta. Questo è buono. È rassicurante. Ma basta? Dobbiamo fare in modo che quel golfista ci aiuti a creare la nostra credibilità, la nostra reputazione positiva. Basta poco a volte per fare la differenza. Una buona comunicazione, la giusta professionalità del personale, la giusta cura per i dettagli.

Il logo ad esempio, spesso è solo un feticcio dell’estabilishment del circolo, o al contrario una cosa che viene vista come “inutile”. Il logo è il marchio distintivo che i soci e gli ospiti devono ricordare con orgoglio quando pensano alla loro esperienza di gioco e soggiorno.



Come si vede, attuare tutto questo non è facile. E non si può pensare che qualcosa di così complesso possa essere fatto “con il fai da te”, citando un vecchio spot di un noto tour operator che terminava con un “ahi ahi ahi!”.

È necessario coinvolgere professionisti delle suddette discipline.



Una delle cose che mi ha colpito maggiormente è stato sentire frasi del tipo:«C’è crisi, non ce lo possiamo permettere». Ma scusate… ma il medico voi lo chiamate quando state bene? O lo chiamate per gestire la crisi e fare in modo che non diventi una patologia o un’agonia?



In questo contesto, vi è un’altra anomalia che non riguarda solo i circoli, ma anche i maestri e i professionisti. Ho parlato con alcuni di questi, e ho scoperto una cosa che mi ha lasciato perplesso. Per usare un altro eufemismo.

Non si vedono come degli atleti professionisti. (!)

Hanno tutti il poster di Rory McIlroy e Tiger Woods nel pro shop, ma non fanno nulla per avere i loro benefit. Si accontentano di avere “sponsorizzazioni” di aziende che gli cedono del materiale in usufrutto e si sentono realizzati. Quelli che pensano di essere più accorti inseriscono la parola “academy” accanto al cognome e con una pagina facebook con 200 o 300 “mi piace” credono di aver raggiunto un buon risultato.

Nell’articolo che “mi ha portato” a scrivere questo (1), ho spiegato come ad attirare le opportunità di business e gli sponsor ormai siano (soprattutto) i volumi, la visibilità e la reputazione nel mondo del management sportivo applicato agli atleti. Dovremmo già essere oltre questo concetto, non dovrei essere qui a scriverlo; ancora e ancor di più il lettore non dovrebbe leggerlo, ma avrebbe già dovuto interiorizzarlo. Che piaccia o no, una cosa: o funziona, o non funziona. O porta risultati, o alimenta le convinzioni, e queste non portano i flussi e i volumi che si potrebbero avere.

Alla domanda: «Perché gli sponsor veri dovrebbero darci i soldi? »

 C’è un’unica risposta: Per la visibilità che puoi dargli e per il valore percepito positivo collegato alla tua immagine e al tuo lavoro. Non per la “stima” dei colleghi (che comunque ci dovrebbe essere) e per i pochi contatti a disposizione. L’audience è un elemento semplice che esiste da molto tempo ormai. Non vale solo per gli altri. E non sono sempre e solo gli altri ad avere qualcosa da dimostrare. Al centro della mente e degli obiettivi di un atleta, pretendo il miglioramento dei propri limiti.



Ora, credo sia giusto terminare questo articolo con una domanda. La domanda che tutti si pongono.

Possiamo fare qualcosa per migliorare la situazione? La risposta è ovvia: SI. Ma bisogna cambiare mentalità e abitudini.



È necessario che ognuno faccia il proprio lavoro e che per quello che non si conosce si chiamino professionisti in grado di fornire risultati, ancor più che servizi. Il fai da te non solo non basta, ma come le convinzioni, rischia di essere pericoloso. Non solo per le persone, ma anche per uno sport che merita di essere amato e di essere praticato. Accettate la sfida! Io sono pronto a farlo! E voi? Nel frattempo, mentre ci pensate, prendo la mia sacca e vado al circolo.



Emmanuele Macaluso



Note:

(1) link all’articolo dedicato a Paige Spiranac e alla sua strategia di personal branding e marketing




Chi è Emmanuele Macaluso.

Emmanuele Macaluso è un esperto di marketing e Relazioni Pubbliche. Ex atleta professionista, ha vinto numerosi titoli nel lancio del giavellotto sotto le insegne  della Sisport Fiat di Torino, mantenendo il diretto controllo sulle sue attività di  immagine, responsabilità sociale e con gli sponsor e i media. Terminata la sua carriera agonistica, ha iniziato il suo approccio al golf.

Ha collaborato professionalmente in diversi eventi sportivi, tra i quali citiamo i XX Giochi Olimpici Invernali di “Torino 2006” che lo hanno visto impegnato in qualità di N.O.C. Assistant aggregato al C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). È stato volontario durante il “BMW Italian Open” del 2012 al Royal Park I Roveri di Torino.

Formatosi come esperto marketing e comunicazione, con una specializzazione didattica in turismo, dal 2003 al 2006 ha fondato e diretto “Turincoming”, un network turistico di eccellenza e lusso specializzato in strategie di incoming nell’area piemontese.

È stato docente per decine di enti di formazione e consulente per diversi enti privati nazionali e internazionali.

Autore del Manifesto del Marketing Etico, ha scritto numerosi articoli specialistici legati al marketing, alla comunicazione, alla csr e vanta 2 saggi pubblicati (entrambi inseriti dall’Unesco nella propria biblioteca).

Attualmente vive a Torino.



Riconoscimenti e premi

- Novembre 2015: Il saggio "Dirty Marketing" edito da Golem Edizioni viene insignito del Marchio della Microeditoria di Qualità 2015 per la sezione saggistica.

- Novembre 2014: Il saggio "Dirty Marketing" edito da Golem Edizioni viene inserito all'interno della biblioteca del Centro Unesco di Torino.

- Luglio 2014: Il saggio "Bende Invisibili" edito da Marco Valerio Edizioni viene inserito all'interno della biblioteca del Centro Unesco di Torino.

- Novembre 2009: Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferisce al "Comitato Giù le Mani dai Bambini Onlus" la Targa d'Argento per valore civile nel periodo di coordinamento della segreteria nazionale dell'Ente.

- Aprile 2007: Riconoscimento formale rilasciato per motivi sociali e sportivi dalla Circoscrizione 9 della Città di Torino.

- Settembre 2003: Diviene il più giovane docente di "Tecnica Turistica Applicata e Marketing" d'Italia ad essere impiegato in un Istituto Statale.



Informazioni complete sul sito web all’indirizzo www.emacaluso.com

giovedì 11 febbraio 2016

CASE HISTORY: PAIGE SPIRANAC, QUANDO I VOLUMI CONTANO PIU’ DELLA BRAVURA



Issue n° 42


(Tempo di lettura: 3 minuti)



(Credits Photo: profilo facebook di Page Spiranac)


La ragazza che vedete nella foto si chiama Paige Spiranac. È una giocatrice di golf statunitense di 22 anni. Paige è arrivata alla ribalta delle cronache sportive (e non solo) di tutto il mondo per un episodio accaduto lo scorso dicembre. La golfista statunitense infatti, è stata invitata dagli organizzatori all’Omega Dubai  Ladies Masters, uno dei principali tornei di golf al mondo, al quale si accede entrando in una “graduatoria” di merito acquisito nelle gare precedenti. Fin qui nulla di strano, tutto nell’ordine delle cose nel mondo dello sport, e del golf.
A dirla tutta, Paige ha partecipato a quella gara pur non avendo acquisito precedentemente il diritto a farlo per meriti sportivi. Prova ne è il fatto che ha terminato il torneo alla 101esima posizione su 103 partecipanti.
Paige è stata invitata per la sua avvenenza e per i suoi volumi sui social (1). Proprio così, gli organizzatori hanno visto in Paige la capacità di portare nuovo pubblico, e nuove attenzioni, grazie al forte ascendente sviluppato sui social. Semplificando: è come se al torneo di Dubai avessero invitato il pubblico più che la golfista.
Questa, se ancora ce ne fosse bisogno, è l’ennesima prova di quanto sia ormai necessario, per un personaggio “pubblico”, avere dei volumi di apprezzamento sui social derivanti da un’azione efficace di personal branding.
La dimostrazione lampante di quanto appena affermato arriva nelle ore successive al torneo.
Come è possibile immaginare, le altre atlete non hanno accolto Paige con i guanti, e non hanno nascosto il loro astio con i media, che hanno riportato immediatamente la notizia. Dapprima sulla stampa di settore, e successivamente su quella generalista e di gossip.
Un vero e proprio pandemonio che Paige (o forse il suo entourage) ha saputo mettere “in cassaforte” a proprio vantaggio.
Infatti all’attività sui social, si è aggiunta quella di Relazioni Pubbliche e di stampa che ha fatto lievitare il valore commerciale dell’atleta.
Grazie al tam tam mediatico, i fan virtuali (e reali) si sono moltiplicati andando ad incrementare il patrimonio di pubblico di Paige. Proprio quella “moneta” che ha portato la ventiduenne a Dubai. La rassegna stampa ha raggiunto numeri da capogiro, mentre le azioni di RP hanno portato ad un intreccio di relazioni istituzionali e tecniche che hanno innalzato la 101esima classificata del torneo nel gotha del golf mondiale.
Basti pensare allo spazio che “Golf Digest” – autentica bibbia del golf mondiale – ha dedicato alla nostra “webstar”, con tanto di consigli tecnici sullo swing, che forse sarebbe stato opportuno chiedere alle altre 100 classificate prima di lei.
Un’azione di comunicazione integrata e di capitalizzazione del risultato di grandissimo impatto sotto molti punti di vista.
 Non è mia intenzione dare giudizi su Paige come atleta, così come ritengo inutile ribadire la mia posizione sulla meritocrazia, tuttavia non possiamo non focalizzarci sul fatto che ormai le regole “del gioco comunicativo” e i nuovi modelli di business si basano sui parametri utilizzati dall’atleta statunitense.
Non è più efficace  pensare che “basta essere bravi” nel proprio lavoro per avere delle opportunità per dimostrarlo. Nella strategia di creazione delle opportunità bisogna inserire la “dote del pubblico”. Un pubblico certificato virtualmente ma con la base piantata nel mondo reale. Tutto questo solo per avere la possibilità di poter in seguito capitalizzare il risultato attraverso un’azione di RP, stampa e comunicazione integrata.
Paige non sarà la migliore golfista al mondo, ma oltre ad essere indiscutibilmente bella, ha avuto la capacità di attuare una strategia di personal branding vincente.
Vale la pena interrogarsi sulla propria… 

Emmanuele Macaluso  


Note:

(1) Di seguito i volumi raggiunti da Paige Spiranac aggiornati al 10 febbraio 2016:Pagina Facebook  98.615 “like” / Profilo Twitter 74.500 “followers” / Instagram 613.000 “seguaci”