La
prima immagine in alta definizione dei resti del lander Schiaparelli sul suolo
marziano
(fonte: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona Description)
Abbiamo voluto far passare
qualche giorno dallo schianto del lander
Schiaparelli sulla superficie marziana, prima di scrivere e pubblicare
questo articolo. Abbiamo cercato di documentarci sull’accaduto attraverso
attività formali e informali. Ci siamo districati tra i “soliti” commenti sui
social e quelli discordanti che, in modo più o meno ufficiale, sono apparsi sulla stampa.
In primis, desideriamo formalizzare
che per noi la scienza e l’esplorazione spaziale rappresentano
fattori strategici e sociali importanti, che devono continuare, portando
benefici condivisi sul pianeta Terra.
Tuttavia, da divulgatori e comunicatori professionisti,
abbiamo notato una serie di errori dal punto di vista della crisis
communication che erano difficilmente preventivabili, visti gli attori
protagonisti dell’impresa e l’importanza scientifica ed economica del progetto.
La missione ExoMars 2016
Il viaggio della missione ExoMars è iniziato il 14 marzo
2016 dal cosmodromo di Bajkonur, in Kazakistan. La missione prevede l’invio
su Marte di una “sonda madre”
denominata “TGO” (Trace Gas Orbiter)
e di un lander denominato “Schiaparelli”
(577 Kg) che aveva il compito di raggiungere il suolo marziano per svolgere
alcuni esperimenti scientifici.
La missione è frutto della
collaborazione tra ESA (Agenzia Spaziale Europea) e di ROSCOSMOS (Agenzia Spaziale Russa), ha un costo di circa 1 miliardo di euro e
vede l’Italia come maggiore referente
sia in termini tecnologico-scientifici che di budget, con un investmento di
circa 340 milioni di euro (circa il 35% dell’impegno finanziario). La missione
è seguita dal team dell’ESA nel
Centro Europeo di Operazioni Spaziali (ESOC)
a Darmstadt, Germania.
Dopo circa sette mesi di viaggio,
il 19 ottobre 2016, la sonda madre affronta con successo la difficile manovra d’inserimento
nell’orbita marziana. Per comprenderne la delicatezza di questo momento, si
pensi che questa manovra è durata ben 139 minuti. (1)
A questo punto entra in scena il lander Schiaparelli, separatosi dal TGO 3 giorni prima, il 16 ottobre, e
che sempre il 19 dello stesso mese, doveva affrontare la sua difficile discesa
verso Marte. Una vera e propria cavalcata di 6 minuti, resa ancora più
difficile da una violenta tempesta marziana. Una discesa che secondo l’ESA,
Schiaparelli era programmato ad eseguire in autonomia, attraverso una sequenza
automatica di atterraggio. La procedura prevedeva l’apertura del paracadute, il
rilascio dello scudo termico frontale (tra gli 11 e i 7 Km di altezza), seguito
da una frenata mediante retrorazzi che da una quota di circa 1.100 metri
sarebbe terminata a circa 2 metri di altezza. L’ammartaggio sarebbe avvenuto
con una piccola caduta, con il lander ammortizzato da una struttura
deformabile. Una procedura molto complessa.
Non avendo a disposizione dati
ufficiali, e non potendo avere ancora oggi, una visione chiara dell’accaduto –
da qui la redazione di questo articolo – concludiamo questa parte dedicata al
racconto della missione, dando l’unico dato di fatto che possiamo divulgare con
sicurezza. Il lander Schiaparelli si è schiantato sul suolo marziano.
Informazione resa pubblica dall’ESA
già in giornata, e visualizzata attraverso delle fotografie del sito
dell’impatto. La prima (vedi foto) in alta definizione, scattata dalla sonda Mro (Mars Reconnaissance Orbiter) della Nasa, è del 27 ottobre.(2)
La Crisis Communication
Cercando informazioni
sull’accaduto, è evidente che alcune cose non hanno funzionato dal punto di
vista della comunicazione.
Le ragioni tecniche dello
schianto hanno seguito strade diverse con l’andare avanti dei giorni e sono
state diramate seguendo la ormai solita necessità di dare un’informazione
veloce a discapito dell’esattezza. Si è passati dallo scarso periodo di
accensione dei retrorazzi all’instabilità del paracadute che avrebbe portato
allo spegnimento del computer di bordo. (3)
Premesso che sia verosimile che
in una procedura così complessa possa essere un insieme di fattori a
determinare un unico risultato, nel bene o nel male, perché fornire queste
versioni in momenti diversi, dando adito ad una divulgazione scorretta? Sapendo
che così facendo, le informazioni potrebbero essere anche “selezionate e
spettacolarizzate”?
Pur senza entrare nel tecnico
della missione, ci sono state divulgazioni di natura più generale con un potenziale negativo sulla missione decisamente
superiori, perché più facili da massificare e acquisire dall’opinione pubblica.
In un articolo del 21 ottobre
(4), Roberto Battiston (Presidente
dell’ASI – Agenzia Spaziale Italiana) avrebbe dichiarato che la sonda ha
inviato il 95% dei dati che avrebbe dovuto inviarci. In un altro articolo del
25 ottobre (4 giorni dopo), Andrea
Accomazzo (direttore delle operazioni planetarie dell’ESA), avrebbe
dichiarato che il 90% del lavoro è stato corretto. E’ vero che il parametro di
base (dati inviati vs percentuale di lavoro completato) è simile ma non
identico. Ma non si può lasciare, in un momento delicato come questo, adito ad
utilizzi strumentali di questo tipo. Le percentuali sono un fattore
comunicativo importante, che può influenzare l’opinione pubblica – e non solo.
Il 5% di una missione da un miliardo è 50 milioni di euro. Poco? Direi di no,
visto che rappresenta circa un sesto di quello che manca per dichiarare operativa
la successiva missione: ExoMars 2020.
La sensazione (e non solo quella)
è che non sia stata concordata una linea comune di comunicazione, con una precisa
scelta delle informazioni da divulgare e la scelta di referenti. Sono saltati i
protocolli. È scattata la corsa al contatto all’interno delle aziende e
istituzioni da parte dei giornalisti, con indiscrezioni e informazioni date in
modo disordinato, personalizzato e… ammettiamolo, a dir poco “garibaldino”. Non
c’è stato, da parte del gestore della comunicazione un controllo completo delle
informazioni, la capacità di gestire la pressione mediatica (sempre molto più
forte in caso di insuccesso che di successo). Si è sentita l’esigenza di dover
dare subito dei dati, anche se parziali e potenzialmente inesatti. Dal punto di
vista tecnico si è tralasciato un assist che avrebbe ribaltato
completamente la partita comunicativa a favore dell’ESA, ovvero: le tempistiche
tecniche di trasmissione dei dati da Marte e la conseguente “laboriosa” e
“scrupolosa” analisi da parte dei tecnici. Alla quale va aggiunta la necessità
di semplificare i risultati a favore dell’opinione pubblica e dei contribuenti,
veri azionisti di maggioranza del progetto.
Sarebbe bastata questa
dichiarazione per dare tempo di governare il
processo comunicativo, coordinarlo, diminuendo il numero
delle informazioni errate o sensibli attraverso una selezione dei contenuti,
e attuare una strategia di crisis communication. L’ABC insomma.
Un’attività comunicativa che
dovrebbe essere fatta da professionisti specializzati in comunicazione e non –
ce lo perdoneranno – da ingegneri. Quello è un altro mestiere.
A questo si aggiunga che, in una
missione così complessa, la strategia di crisis
communication dovrebbe già essere molto “ben impostata” a priori e non solo
imbastita. Qualora sia stata imbastita.
Per un fattore comunicativo,
secondo il quale gli accadimenti negativi colpiscono e vengono ricordati molto
più dei positivi, bisognerebbe dare maggiore attenzione a questo “dettaglio”
del saper comunicare correttamente, anche e soprattutto sotto pressione.
La missione ExoMars era stata presa di esempio per la “tecnologia e
l’eccellenza italiana” e ha portato un danno d’immagine difficilmente
quantificabile in questo momento, ma che sicuramente c’è per il Paese. Qual è
la strategia per ovviare a questo? Non possiamo prendere i benefit di un brand e lasciare i cocci sul tavolo
facendo finta che non ci siano se le cose vanno male, portando l’attenzione sul
liquido rimasto nel bicchiere crepato o rotto. Non è questa la comunicazione e
divulgazione efficace che serve ad un progetto di eccellenza globale. Ci sono case history di successo che vanno
decisamente in altre direzioni.
Per qualcuno è giusto prendere in
considerazione ciò che è andato bene cercando di minimizzare (o non citare)
quello che non ha funzionato, ma non basta. Anche la scelta degli esempi in
divulgazione è stata discutibile in questo caso.
Ad esempio, dire che «Poteva
andare meglio, avremmo potuto avere la ciliegina, ma per ora ci accontentiamo
della torta» è errato. Nello stereotipo della torta, la ciliegina ci deve
essere sempre, e rappresenta il punto in cui si focalizza l’attenzione. Il
fatto che manchi, rappresenta un fattore negativo di principio molto più ampio
delle sue dimensioni sulla torta. Pessima scelta.
L’importanza della corretta divulgazione e comunicazione nella
scienza
L’esplorazione spaziale e verso Marte deve continuare. Purtroppo il
perché è ancora sconosciuto alla maggior parte della popolazione contribuente.
Tutto si basa sulla sfida tecnologia, il superamento delle barriere e altre
cose da “motivatore con microfono ad archetto”. Si rischia di commettere lo
stesso errore fatto con il progetto Apollo
e che ha portato, anche dietro “spinta” dell’opinione pubblica, ad interrompere
il programma. Anche in quel caso: il superamento dei limiti, la sfida
dell’occidente contro la Russia, le motivazioni politiche e di orgoglio
nazionale ecc.
In un libro che abbiamo recensito
(5) dal titolo “Il
ritorno sulla Luna” di Antonio Lo
Campo, c’è un’intera sezione che parla dei benefici tecnologici della
missione Apollo, e delle relative ricadute positive dal punto di vista sociale.
Il solo programma Apollo ha portato
alla registrazione di circa 160.000 brevetti, molti dei quali sono di uso
comune e quotidiano. Quanta di quell’opinione pubblica che ha contribuito
all’annullamento di Apollo lo sa? Quanti sanno perché è stato progettato e
prodotto il velcro? Quanti sanno da dove viene la tecnologia della fotocamera
del proprio smartphone?
Eppure il peso decisionale legato
ad interessi politici di massa è crescente. Oggi “il popolo” non è più un
gruppo di persone da chiamare alle urne ogni 4 o 5 anni, ma parla, comunica, si
organizza in gruppi di opinione, fa opinione, e talvolta pontifica senza
ragione di causa e preparazione, coinvolgendo però migliaia di altri soggetti.
Lasciamo stare? Non ce ne preoccupiamo? Facciamo finta di niente?
Se andate a vedere i volumi social
e di visualizzazione delle pagine inserite nelle note di questo articolo,
noterete uno squilibrio enorme tra le poche interazioni della pagina ESA e quelle dei media. Senza calcolare
l’ironia e la strumentalizzazione condivisa migliaia di volte dagli utenti
social. Fare divulgazione non vuol dire immettere dati tecnici e raccontarli,
ma semplificarli e “portarli davanti agli occhi” della platea.
Pubblicarli non basta. Forse
bisognerebbe porsi delle domande e rispondere con azioni professionali e professionistiche.
L’ESA deve diventare l’opinion leader della cultura
scientifica e spaziale non il diramatore di comunicati stampa e di pagine web
ufficiali poco lette.
Qualsiasi ufficio stampa privato
si è dovuto evolvere, differenziando i propri canali e le proprie attività per
far arrivare il proprio messaggio. Da ufficio stampa si è dovuto evolvere in
ufficio per le relazioni pubbliche, imparando a creare e gestire reputazione e
popolarità su tutti i media, soprattutto quelli scelti dai lettori e non quelli
legati al proprio confort di
comunicazione.
Speriamo che quanto sia successo
a Schiaparelli non sia di stimolo
solo per l’apparato ingegneristico della missione, ma anche per quello
comunicativo. La posta in palio è molto alta. Noi non possiamo che augurarcelo
e mettere a disposizione le nostre esperienze e le nostre osservazioni
tecniche, nella speranza possano stimolare chi di dovere.
Emmanuele Macaluso (6)
Link originale dell'articolo:
http://thecosmobserver.blogspot.it/2016/10/astronautica-analisi-della-crisis.html
Note:
Note sull’autore
Emmanuele Macaluso è un esperto di marketing e comunicazione,
saggista e divulgatore scientifico.
Affascinato fin dall’infanzia dal
cosmo, ha frequentato diversi corsi di astronomia, astrofisica e astronautica,
tenuti da alcuni dei massimi esperti italiani di queste discipline
scientifiche.
Ha fondato TheCosmobserver nel 2013 con l’intento di “dare voce” ai
protagonisti del cosmo “avvicinandoli” al grande pubblico. Ha intervistato
astronomi, astrofisici e astronauti, e dal 2015 collabora con l’astronauta Maurizio Cheli gestendo le sue Relazioni
Pubbliche digitali.
È l’autore del Manifesto del Marketing Etico (www.manifestodelmarketingetico.org)
e i suoi saggi sul marketing hanno vinto premi e riconoscimenti.