Issue n° 37
(tempo di lettura: 3 minuti)
Siamo entrati in contatto con parole come reputation management e social media. Ci hanno fornito (a nostre
spese) strumenti che “ci mettono in contatto” con il mondo in qualsiasi momento
e in qualsiasi luogo (rete permettendo).
Ma ti sei mai chiesto in che modo, questo nuovo modo di comunicare entra in connessione e
condiziona le nostre vite, le nostre abitudini e le nostre attività
relazionali? Ma soprattutto, questo mondo virtuale, può falsare la percezione
che abbiamo di noi stessi in relazione al mondo che ci circonda?
Quante volte, prendendo la metropolitana, attraversando una
piazza o semplicemente in un bar all’ora di pranzo, la nostra attenzione è
stata attratta dalle persone attorno a noi? Quante di queste persone ci hanno
sorriso, o hanno espresso a loro volta una qualsivoglia forma di attenzione
verso di noi? Se la risposta è “capita sempre meno”, forse è quella corretta.
È sempre più facile trovare persone isolate in mezzo alla
gente, alle prese con lo smartphone e il proprio profilo, intente a curare le
proprie relazioni in modo assolutamente virtuale. Tutto questo, ovviamente, ignorando
le persone intorno o addirittura provando fastidio per la vicinanza dei propri
simili.
Se è vero che ognuno di noi è un mondo, sembra che non
esista più un universo. Tuttavia, la
cosa peggiore è che nel nostro mondo noi siamo i re e le regine, ma il “popolo”
non esiste davvero e soprattutto, che siamo alti, biondi, belli e con gli occhi
azzurri, ce lo diciamo da soli. A volte in questo mondo costruiamo anche un
tribunale, dal quale giudicare gli altri diventa ogni giorno più facile, mentre
il nostro scanno si innalza lentamente e inesorabilmente, spinto dal basso
verso l’alto dalla crescita del nostro ego.
E si vedono e ascoltano cose che ti danno l’esatta misura
dei danni creati da questa visione del mondo.
Ti vengono dette affermazione del tipo: «Mah! Io i selfie proprio non li capisco, non mi piacciono!» (Disse l’uomo con un autoscatto come
immagine del profilo Facebook)
«Internet è
pericoloso per la privacy e i
bambini, ci sono i pedofili! » (Disse la
donna che ha cominciato a postare le foto del figlio da quando era ancora nella
pancia, mentre utilizzando il cellulare ci fornisce la geolocalizzazione!)
E gli esempi potrebbero essere molti altri. Ma la cosa
peggiore è che questo atteggiamento sta producendo danni relazionali e sociali
dei quali pagheremo presto le conseguenze.
I “guru” stanno
aumentando alla stessa velocità delle patologie contagiose e fondano la loro
credibilità non sui risultati, ma sulla percezione e sui numeri “acquistati” a
suon di Euro su Facebook.
Aumenta il numero delle persone, che quando trovano una tua
chiamata senza risposta sul cellulare, invece di richiamarti si sentono
autorizzati a non farlo, e se ti incontrano sanno solo dirti (senza scusarsi)
che non hanno avuto tempo. Eppure, al di là della momentanea curiosità per la
vita di persone così importanti con le quali abbiamo l’onore di condividere
l’ossigeno, del loro impegno temporale non vi è traccia né nella realtà, né
nella lista dei risultati.
Questo aumento esponenziale dell’ego assume toni al limite
del ridicolo quando vedi alcuni atteggiamenti a dir poco curiosi. Hai mai
sentito parlare del termine Osmosi?
Il dizionario
Treccani lo definisce così: “In senso fig., influenza reciproca che
persone, gruppi, elementi diversi esercitano l’uno sull’altro, soprattutto in
quanto intervenga una reciproca compenetrazione di idee, atteggiamenti,
esperienze e sim.: o. culturale, morale, sociale.”
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Presenti il tuo libro,
e alla fine qualcuno ti si avvicina con un telefonino, a malapena ti saluta,
scatta una foto e cinque minuti dopo la tua faccia è su un social, senza la
firma di una liberatoria (alla faccia della privacy), e con un post che di
fatto è l’epitaffio dell’onesta intellettuale.
E poi c’è la nuova tendenza, una strategia di marketing che si basa sul “testimonial
del popolo”, in cui il testimonial non è famoso, non si paga e ha un ego enorme.
Il potenziale cliente.
Cioè noi!
Molto spesso ci si mette una maglietta, ci si fa un selfie e si comincia a fare spam, così i nostri “amici” vedono quanto siamo importanti.
La si usa anche per le “campagne sociali”.
Ovviamente nel giro di pochi post di risposta l’oggetto della discussione
diventano la maglietta e il sorriso del testimonial e non la tematica della
campagna.
Ego appagato, “amici” annoiati a morte, temi della
“campagna” con un range di successo che si basa sui “mi piace” e non sugli
obiettivi reali raggiunti. Eventi dal vivo vuoti o con le solite 5 o 10 facce.
Chissà come mai! Strano!
Premesso che la web
credibility ha una sua importanza e una sua logica, con ricadute in ambito
anche commerciale, e in più mette in evidenza l’ego dei “guru” che “gurano” da soli, senza un’audience neppure virtuale.
Non è un caso, che ormai ogni programma che va in onda in
diretta ti chieda di twittare e commentarne in tempo reale i contenuti, e che
sempre più spesso, nella stessa diretta, vengano resi pubblici i volumi del
traffico social e web. Come se lo spettatore medio fosse un mass mediologo. Un
esempio è “The Voice of Italy” con
“collegamenti” nell’ormai famigerata web
room, dove una ragazza illustra i risultati dei tweets più in auge della serata. Il collegamento è tra due studi
adiacenti, basterebbe invitare la ragazza ad attraversare una porta, ma web room fa molto figo.
Ma gli esempi potrebbero essere molto altri.
Che cosa ci sta succedendo? Succede che anch’io in questo
momento sto sbagliando, perché sono davanti lo schermo di un pc a scriverti,
mentre potremmo guardarci negli occhi. Succede che voglio cambiare le cose e
che per farlo DEVO e DOBBIAMO FARE qualcosa. In questo mondo, quello reale!
Quello che ruota attorno al Sole e non quello virtuale che ruota attorno a noi.
Penso che ora pubblicherò questo post e poi andrò su un social a parlare e a
controllare le mie cose. È un social nuovo che ti consiglio, si chiama piazza! Se
una volta lì socializzerò con qualcuno ti manderò un messaggio privato su Facebook!