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Durante i miei interventi e le mie lezioni lo avrò detto decine di volte che esiste una differenza sostanziale tra il valore reale e quello percepito. Nessuno meglio di uno stratega lo sa.
Durante l’ultimo mese, i media e i bar sono stati invasi da due parole inglesi. La prima è “Wikileaks” e la seconda “Assange” (Julian ndr).
A parte queste due parole, non mi pare ci siano state altre novità. Ci è stato ricordato che il nostro premier ha una vita sociale e privata a dir poco “brillante”, gli iraniani non sono molto ben visti dai vicini (e forse neppure da quelli più distanti), Putin ha un portavoce d’eccezione, le notizie “derubate” sono state in primis salvate su un cd di Lady Gaga e altre cose del genere.
Wow! Grazie Wikileaks! Finalmente ora mi sento illuminato!
Migliaia di articoli scritti, interviste e un carrozzone mediatico che ha portato nonostante tutto questo a molto poco.
Al di là delle esagerazioni, nelle quali sono caduti gli stessi interessati, tra cui il ministro Frattini, che in un impeto di “non diplomazia” ha dichiarato che le notizie che stavano per essere diffuse sarebbero state “l’undici settembre della diplomazia” stessa, direi che forse è il caso di analizzare seriamente quanto e successo per prendere qualche spunto strategico e logico da poter utilizzare a nostro vantaggio.
Mi perdonerai se prenderò in considerazione il famoso “valore reale”, cercando di non guardare il dito ma la luna, per citare un vecchio e saggio detto popolare.
Desidero quindi condividere con te alcune riflessioni su alcune cose che mi hanno particolarmente colpito.
1) Il concetto di tempo è cambiato
E’ sempre più difficile creare un prodotto che sia davvero durevole nel tempo. Immaginate per quanto si sarebbe parlato del caso (o meglio non caso) Wikileaks se tutto fosse successo una decina di anni fa. Proprio così, siamo stati educati e abituati a tutto, divoriamo voracemente e viviamo ogni avvenimento con una sorta di “sindrome dell’usa e getta”, che alla fine non ci lascia nulla.
Per semplificare questo concetto, ti invito a pensare alla musica.
Conoscerai a memoria alcune canzoni degli anni ’60, ma quelle della penultima hit? La ricordi?
Una volta un prodotto o un concetto entravano a far parte della società attraverso una sedimentazione temporale decisamente più lunga nel mercato.
«Ora è tutto talmente veloce che il prodotto perfora il mercato ma non entra a farne davvero parte».
Ecco perché, quando avrai letto il titolo di questo post, forse avrai esclamato: «ancora!»…
Ti hanno abituato così… non te la prendere! Continua a condividere con me il tuo tempo e le mie riflessioni.
2) La strategia dell’attesa è ancora la più vincente
Di fatto il prodotto era “scarso”. Come ho scritto nel cappello introduttivo di questo post, nessuna notizia era davvero una news. Il vero prodotto era la fonte delle non notizie e non le notizie (visto la latitanza di quest’ultime).
Alcuni programmi giornalistici hanno addirittura fatto un countdown in attesa della messa on-line dei dossier e la fibrillazione dei media è cresciuta man mano che la data si avvicinava.
La strategia attuata da Assange e dal suo staff è stata corretta. Dichiarare in anticipo la data di messa on-line come se fosse un evento si è dimostrata una scelta vincente (forse perché in realtà era l’unica notizia).
Potrei dirti che fare il botto è facile, fare in modo che l’attenzione rimanga alta a lungo è invece la vera sfida da vincere e che Assange ha di fatto fallito. Su questo dovremmo riflettere a lungo.
3) Il testimonial ha rubato la scena al prodotto
Grave. Il genio Assange e il suo ego hanno annichilito il prodotto.
Facci caso, non si parla più di questioni diplomatiche imbarazzanti o altre cose del genere, ma di preservativi, presunti stupri, donazioni bloccate ecc.
Il testimonial è un fattore importante, diventato ormai fondamentale… purtroppo. Questo facilita di molto le strategie, però rischia (come in questo caso) di creare degli autogoal notevoli.
Bisogna rivedere le priorità e mettere l’ego in garage accanto alla Mercedes nera che ha accompagnato Assange in suite… ops, in carcere.
4) Ma è tutto vero?
Una delle cose che mi sono chiesto è stata:«Ma se avessi fatto io qualcosa del genere, che fine avrei fatto?». Forse te lo sarai chiesto anche tu. Se non lo hai fatto, fallo adesso.
Penso che mi avrebbero fatto sparire o forse comparire all’interno della mia auto con qualche problema di salute.
Assange provoca falsi allarmi, mette in agitazione le diplomazie di mezzo mondo e perché lo cercano? Perché ha avuto qualche rapporto sessuale apparentemente non consensuale senza preservativo. Buffo no?
Tu prova a non pagare il conto al ristorante e vedi cosa ti succede!
Te lo scrivo in modo che tu non possa dire di non saperlo, io non sono uno di quelli che crede ai complotti o cose del genere, però tutte questi "provvedimenti punitivi" nei confronti di Assange mi fanno pensare.
Va bene avere una buona capacità di negoziazione, però una tale velocità di uscita dal carcere è degna non di chi attacca il sistema, ma di chi ne fa parte.
Solo se fai parte del sistema, il sistema non ti punisce.
E’ una semplice dinamica di gruppo.
Tu vuoi far sapere qualcosa a qualcuno, ma non vuoi “sporcarti”, e allora che fai? Ti accordi con un terzo soggetto e gli fai dire delle cose, in modo che si assuma lui le responsabilità.
Non penso che Assange e qualche governo abbiano fatto un accordo vero e proprio, penso piuttosto che quello stesso governo possa aver messo Wikileaks nelle condizioni di aver facilmente accesso a delle informazioni riservate e precedentemente confezionate. Forse non tutti hanno collegato il fatto che il famoso “informatore” era a libro paga del governo in questione.
Conclusioni
Ci siamo trovati di fronte ad un prodotto vuoto.
Nonostante questo siamo riusciti a condividere delle considerazioni e riflettere su alcuni fattori strategici. Ma ancor di più, siamo riusciti a guardare la luna e non il dito. A quanto pare non è più una cosa così scontata purtroppo.
Lascia un tuo commento, mi farebbe piacere conoscere anche il tuo punto di vista.
Al prossimo mese
Emmanuele Macaluso