giovedì 7 maggio 2020

MARKETING E CRISIS COMMUNICATION NELLO SPORT AI TEMPI DEL COVID-19



“Non puoi prepararti a risolvere un problema se non lo vedi arrivare”

Il 2020 sarà ricordato a lungo e da molti comparti sociali ed economici. Abbiamo imparato a conoscere parole come “coronavirus”, “SARS Covid 2” e “Covid-19”. Come purtroppo capita sempre più spesso, o forse è solo più visibile attraverso i social, molti italiani sono diventati virologi, infettivologi e analisti comunicativi esperti in complottistica internazionale. Negli scorsi mesi – in barba a qualsiasi disposizione legislativa sulla privacy – Le E-mail, WhatsApp, Messenger e qualsiasi altro canale a disposizione sono stati invasi da video e articoli che venivano venduti come verità assolute, per poi essere smentite dopo poche ore. Abbiamo assistito, in un momento in cui la nostra attenzione cercava di rimanere focalizzata sulle informazioni importanti, a casi di analfabetismo funzionale e Effetto Dunning Kuger da manuale purtroppo. Cercare (e trovare informazioni per quanto possibile corrette) è diventato sempre più difficile.

Tutto questo in uno scenario senza precedenti dal punto di vista sociale. Uno scenario dove la popolazione è stata chiamata, attraverso la formula del DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), a rimanere chiusa in casa. Una situazione inusuale. Difficilmente immaginabile solo poche settimane prima.
Nonostante tutto questo, il popolo italiano, sottoposto per primo in Europa alla furia “comunicativamente visibile” del Covid-19, ha risposto con una compattezza notevole.

Una doverosa precisazione: non tratteremo in questo articolo le ricadute sanitarie, in termini di sistema e di vittime causate dal virus.

Dal punto di vista economico, il Paese si è apparentemente fermato per circa due mesi, con conseguenti ricadute economiche.
Tra i vari comparti che hanno subito conseguenze impattanti, a causa del Covid-19, possiamo sicuramente annoverare quello sportivo. Lo sport italiano, in questo contesto di crisi è stato molto meno compatto del popolo di appartenenza.

I campionati non si sono fermati nello stesso momento, e anche le decisioni sono state diverse. Tra queste citiamo la Federazione Italiana Rugby (F.I.R.) e la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) che hanno chiuso (e terminato) il campionato 2020 in anticipo.
La Federazione Italiana Gioco Calcio (F.I.G.C.) ha fermato campionato e partecipazione alle coppe successivamente e in modo meno definito. Nell’incertezza pre-Covid si è scelto di “andare avanti”, prima con il pubblico negli stadi (vedi incontro di Champions League Atalanta – Valencia del 19 febbraio giocato a Milano) e successivamente a porte chiuse prima della sospensione.
Altro caso emblematico è lo slittamento di un anno dei giochi olimpici estivi di Tokyo 2020, che si terranno nello stesso periodo nel 2021 sempre con la dicitura Tokyo 2020 per motivi di diritti sul marchio e merchandising.
Non sta a noi valutare le sensibilità e le scelte delle singole decisioni in questo contesto. Un contesto che, come  già indicato, è da considerarsi a tutti gli effetti come straordinario e confuso.

Poniamo l’attenzione sulla confusione che è stata presente prima dell’emergenza sanitaria e che è proseguita anche durante la stessa.
Per prepararsi ad uno scenario di crisi bisogna vederlo arrivare. Almeno immaginarlo. Bisogna prevedere lo scenario utilizzando il maggior numero di informazioni “corrette” disponibili. Purtroppo questa volta non è stato possibile. La vastità delle fonti, unite a informazioni non corrette da parte della stampa accreditata come ufficiale, unita ancora alle dichiarazioni politiche che a pochi giorni dal lockdown dichiaravano l’Italia pronta all’emergenza in arrivo (1), non ha permesso alla popolazione (e ai tecnici) di prepararsi all’impatto con questo scenario di crisi. Difficile programmare marketing e comunicazione per chi si fa parte dello sport business.

Le prime azioni comunicative si sono suddivise in due categorie:
1) Azioni comunicative per informare circa l’adeguamento alle norme dei DPCM
2) Azioni relative a donazioni

In relazione alle seconde attività, abbiamo visto azioni che andavano dalla donazione finanziaria all’ospedale locale, alla consegna di mascherine, consegne di beni di prima necessità ai tifosi tesserati più anziani e uova di pasqua ai più piccoli da partedi società sportive. Tutto a favore di telecamera.
Azioni concrete, supportate da azioni di comunicazione tali da rendere sempre più complesso il delicato equilibrio tra CSR (Corporate Social Responsability – Responsabilità Sociale d’Impresa) e Greenwashing.
Tuttavia, è indubbio, che il supporto fornito da questi contributi abbia dato un aiuto del quale sul territorio c’era un oggettivo bisogno. Anche lo sport (e molti sportivi indipendenti) hanno dato il proprio contributo concreto.

Lo sport si è già trovato a dover attuare strategie di crisis communication. Tra scandali sessuali, doping e crack finanziari, gli uomini di comunicazione dello sport hanno svolto molto lavoro in passato. Si pensi al caso Tiger Woods (2) nel golf ad esempio. I casi Ben Johnson (3) nell’atetica e Lance Armstrong (4) nel ciclismo. Il caso Parmalat (5) con le ricadute sul Parma Calcio e ancora il caso Calciopoli.

Non solo, gli specialisti della comunicazione di crisi, sono intervenuti spesso anche per “mettere un cerotto” su delle uscite mediatiche infelici da parte di singoli atleti. È accaduto un caso anche in questo periodo che ha visto protagonista un giocatore dell’Inter e che ha aumentato il carico di lavoro dell’ufficio comunicazione della propria società asserendo una presunta massiccia presenza del Covid-19 nello spogliatoio neroazzurro già a gennaio (6) . Un pensiero di vicinanza ai colleghi che hanno dovuto gestire le conseguenze di questa infelice uscita. Siamo sicuri che ne avrebbero volentieri fatto a meno.

La comunicazione di crisi non è una novità nello sport. Ma quello che è diverso in questo caso è lo scenario generale e tecnico.
Per generale intendiamo proprio il fattore legato alla presenza una pandemia globale e che quindi è diventata anche di prossimità.
Per tecnico invece ci riferiamo alla sempre maggiore difficoltà di poter governare la comunicazione istituzionale in un contesto in cui le fonti e le informazioni (vere, false o faziose) diventano infinite. Incontrollabili. Si pensi che il governo italiano è stato costretto a creare una task force contro le fake news. (7,8)

Il periodo del Covid-19 è un interessante case history per quanto riguarda il marketing dello sport e l’applicazione delle strategie di crisis communication applicate ad esso. Proprio per quella parola che è tanto cara a chi si occupa professionalmente di marketing: Strategia.

Una delle caratteristiche per la stesura di una corretta strategia è la ricerca delle informazioni e l’inserimento di queste nello scenario prima teorico e poi operativo. Ovviamente informazioni corrette, spesso di primissima mano.
Al momento della stesura di questo articolo (7 maggio 2020), il Ministero per le Politiche Giovanili e lo Sport non ha ancora dato linee guida e date per un’eventuale ripresa del campionato di calcio in Italia. Un altro esempio può essere quello del Giro d’Italia di ciclismo, che da maggio è stato posticipato ad ottobre (9-10), con una settimana in sovrapposizione con la Vuelta di Spagna. In questo caso, gli organizzatori di RCS hanno cercato di governare il progetto sportivo e la comunicazione posticipandolo su un periodo più lungo. Nella speranza che l’emergenza finisca o si ridimensioni in modo massivo.
Gli approcci sono diversi, ma quello che manca ancora sono informazioni corrette da parte della politica. Mai come un casi come questi il “governo dello sport” assume la sua forma più visibile.

I social hanno dimostrato ancora una volta di essere vetrina per gli sportivi, che proprio grazie a questi hanno condiviso sessioni di allenamento e videochat con il pubblico.

In questo scenario, al di là della comunicazione di crisi, si sono dovute trovare delle nuove forme di visibilità da fornire ad atleti e sponsor. Qualcosa che avvicinasse società e atleti al pubblico.

I campionati di Formula 1 e il Motomondiale si sono spostati dalle piste ai divani. Attraverso il gaming, i veri piloti si sono sfidati sui circuiti virtuali, gli stessi dove di solito scaricano centinaia di cavalli.
 Sfide seguitissime attraverso le dirette sui social. Anche il ciclismo è entrato in questo nuovo “mercato”, con un Giro d’Italia virtualea cui hanno partecipatoi veri corridori e vere squadre protagoniste della corsa rosa.

E qui (finalmente) avviene qualcosa che abbiamo già visto. Infatti ad aumentare la visibilità di queste attività che si svolgono sui nuovi media, arriva con la sua capillarità e la sua diffusione il vecchio media più potente: la TV.
Esattamente  come era già successo in passato con gli influencer, che dopo un passaggio televisivo diventavano ancora più popolari (e influencer), anche in questo caso la TV ha voluto essere presente per dare un segno di vitalità e un’iniezione di follower. Una via di mezzo tra un gesto di beneplacito consenso e un segno di influenza di chi vuole ancora far parte di un gioco del quale non fa ancora del tutto parte.

Da questa attività si evincono alcune cose. La prima è che, per quanto possibile, anche in uno scenario di crisi si cerca di dare un’immagine che sia il più vicina possibile alla normalità.
La seconda è che queste strategie di marketing e comunicazione sono interlocutorie, atte quindi a “prendere tempo” in attesa di una chiusura definitiva della stagione 2020 o di un posticipo nell’inizio delle attività per la seconda parte dell’anno.
La terza è che bisogna comunque portare attenzione e  visibilità al “prodotto sportivo” nel suo complesso. Shareholder e stakeholder compresi.

Gli strateghi del mondo dello sport stanno cercando di creare un effetto paradosso. Ovvero, quello di uscire dalla comfort zone della normalità ammantandola di una normalità del tutto casalinga nonostante il periodo eccezionale. Una dimensione virtuale e comunicativa che unisca lo sport e il suo pubblico nelle proprie case. Una nuova fan experience con le caratteristiche del negozio temporaneo insomma.

Nonostante le incertezze, le iniezioni di speranza e di resilienza che vengono comunicate in attesa di uno scenario che, con qualche dato di certezza in più, possa consentire una pianificazione sul medio-lungo periodo, un fattore è ben chiaro in questa continua corsa al “collegamento” tra prodotto sportivo e platea: I volumi.

Mantenere alti i volumi di interazione – possibilmente farli crescere – è la sfida quotidiana degli attori coinvolti nella comunicazione sportiva. Una sfida che deve dare visibilità e mantenere quella superiorità volumetrica nei confronti della platea comune, che è l’unico vantaggio (oltre a quello fornito dalla Relazioni Pubbliche professionali), nei confronti di una platea che da qualche tempo è anch’essa parlante.

I volumi equivalgono a visibilità. La visibilità equivale a denaro, e in questo momento l’industria dello sport ha un disperato bisogno di liquidità.

Spesso il cambiamento avviene nei momenti di crisi. Questo è dovuto al fatto che  l’essere umano ha una forte resistenza al cambiamento e una grande necessità di occupazione della zona di comfort una volta che ne ha creata una. C’è da chiedersi, quali cambiamenti avverranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, quando si cercherà di tornare alla normalità dopo aver vissuto in una situazione difficile da immaginare solo tre mesi fa. Quali di questi cambiamenti saranno generalizzati e quali manterranno una specificità o una parzialità nei singoli settori?

La retorica tipica dei momenti di crisi vuole che “ne usciremo migliori e più forti”. Presto per dirlo.
Più facile pensare e prevedere che saremo più preparati perché abbiamo affrontato un’altra prima volta. Forse i professionisti del marketing e della comunicazione avranno imparato a governare con maggiore equilibrio i propri processi, su quell’orizzonte sottile che divide ciò che è utile da ciò che è lecito fare e comunicare.
Ora, mentre il pubblico è intento a guardare altrove, magari una gara virtuale tra Charles Leclerc e Valentino Rossi (11), attraverso lo schermo di uno smartphone, chi si occupa di marketing deve cercare i propri punti di riferimento. Pianificare. Preparare l’attuazione. Raggiungere nuovi traguardi in modo nuovo, ma creando percezioni riconoscibili dal pubblico.
Al centro di tutto questo lo sport. Questa sarà una nuova sfida.

Emmanuele Macaluso (12)


Note:
(5) Capolino G. Massaro F. Panerai P., Parmalat la grande truffa, Class Editori / Milano Finanza, Milano 2004
(12) Emmanuele Macaluso è un esperto e docente di marketing e comunicazione. È stato NOC Assistant per il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) durante i XX Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Marketing and Communication Manager del progetto sportivo EM314 è anche l’autore del Manifesto del Marketing Etico (2011). Maggiori informazioni su www.emacaluso.com